Marisa Càssola contadini una gara generosa per ospitare i fuggiaschi nelle case coloniche; la loro solidarietà è mossa da un senso elementare di giustizia;_ quello cl1e più sorprende sono la spontaneità e la naturale:zza con cui l'aiuto viene offerto, tali da restituire la fiducia nella carità umana e nel disinteresse. « Quando ripenso a quegli anni di angoscia di dolore e di distruzio-ne, li vedo / illuminati da atti individuali di gentilezza e di bontà e di fede; in essi io credo. Questi semplici atti della vita quotidiana sono, la realtà su cui p.ossiamo porre le nostre sp·eranze ». Infine, dopo mesi di ansiosa attesa, i tedeschi in rotta, stretti da vicino dall'avanzata dell'esercito anglo-americano, si fermano- alla Foce e impongono agli Origo di sgombrare la fattoria insieme ai bambini, agli sfollati e ai contadini dei dintorni che, per sfuggire al cannoneggiamento, si sono rifugiati nella loro cantina. Nella pagina che narra quest'ultima fuga il tono del racconto, di solito schivo e misurato, si trasforma in voce di autentica poesia, che raggiunge il culmine quando, dopo venti chilometri di marcia estenuante nell'aperta campagna esposta al fuoco dell'artiglieria tedesca, i profughi giungono ai piedi della collina di Montepulciano. Allo1ra gli abitanti U avvistano dai bastioni della città e corro110 loro incontro a braccia aperte. « Abbiamo lasciato dietro di noi tutto quel che po·ssediamo - scrive la Origo alla fine di questa me1norabile giornata - ma mai nella mia vita mi sono sentita ricca come ora guardando i bamb,ini do1 rmire. Qualsiasi cosa avverrà domani, stasera sono sani e salvi ». Segue, a pochi giorni di distanza, l'arrivo dei liberatori,. accolti trionfalmente dalla popolazione; infine iì ritorJ?.O alla Foce, nella casa devastata, dove solo pochi superstiti si aggirano come mute ombre. « Siamo stati visitati dalla distruzione e della morte - conclude la scrittrice - ma ora c'è una speranza nell'aria ». E nella prefazione alla recente edizione italiana , aggiunge: « Dopo vent'anni mantengo sempre la stessa speranza, anche se, lJurtroppo, l'unità e la solidarietà delle ore di crisi non sono durate sempre oltre i pericoli che le avevano suscitate. Alla tragedia della guerra fecero seguito, gli inganni e le malversazioni del do,poguerra: denunce, tradimenti, vendette, lo,tte di classe e di partito. Ma non v'è epoca che no-n produca atti singoli di bontà e di comprensione umana fra •tln unmo e il suo vicino. Si tratta soltanto di_ allargare sempre più, se possibile, la cerchia dei vicini ». Allargare la cerchia dei vicini: ecco il messaggio· del diario, tanto più significativo in quanto non riferito solo ai compagni di fede e di battaglia, ma a tutti gli uomini; anzi l'assenza di spirito di parte che domina il libro diviene spesso la via per giungere ad un esame di coscienza, e ad una ricerca delle responsabilità di ogni individuo· di fronte all'immane catastrofe. Così dopo l'uccisione di un operaio inerme perpetrata da un tedesco e da un fascista, la Origo commenta: « Di tutti i delitti fascisti ai quali ho personalmente assistito, questo è il più brutto, il più vile e il più inutile. Ma siamo tutti colpevoli. La morte di ogni uomo mi rimpicciolisce perché sono parte dell'umanità ». Do-po· la guerra, conformemente a questi principi di carità umana, verrà murata alla Foce una lapide, in cui i caduti della zona 118 _Bibliotecaginobianco
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