Nord e Sud - anno XIII - n. 80 - agosto 1966

I La ribellione romena dell'esperienza romena. La desatellizzazione è cominciata a Varsavia e a Budapest molto prima che a Bucarest e si potrebbe anche sostenere che ì capi comunisti romeni hanno approfittato del sacrificio degli operai e degli studenti ungheresi e polacchi molto più di quanto non siano disposti ad ammettere. Da questo punto di vista, il nazionalismo romeno si distinguerebbe non tanto per la sua maggiore efficienza nella difesa degli interessi nazionali, quanto per gli elementi di suscettihilità e di esasperazione - molto spesso soltanto verbale - che lo caratterizzano. Gli aspetti negativi sono abbastanza evidenti. Quando il segretario del partito comunista romeno, Nicolae Ceausescu, afferma (come ha fatto nel discorso di Bucarest del 7 maggio scorso) di ritenere che « i blocchi militari sono barriere sul sentiero della collaborazione fra i popoli », dice qualcosa di molto vago e di abbastanza pericoloso. Di vago, perché nessuno può seriamente pensare che i blocchi abbiano esaurito la loro funzione storica e che vi sia la possibilità di stabilire tra i popoli rapporti nuovi, che garantiscano la realizzazione degli obbiettivi propri di ciascun paese e la conservazione della pace. Di pericoloso, perché in queste parole, mentre è evidente l'intenzione di sottrarre la Romania all'« influenza » del blocco orientale, non è affatto evidente la coscienza del rischio che un'operazione del genere comporta sul piano politico generale. I romeni affennano che il loro impegno attuale è orientato verso la sostituzione degli schieramenti politici tradizionali con un nuovo sistema di sicurezza collettivo, più efficiente -- essi dicono - sul piano del mantenimento della pace e della normalizzazione delle relazioni fra gli Stati. Tuttavia è evidente che nelle condizioni politiche attuali questo programma, ammesso che non si tratti di un espediente puramente tattico, ha scarse probabilità di essere realizzato concretamente. È quindi possibile che, con la loro azione, i romeni ottengano il risultato di compromettere la stabilità dell'alleanza di cui fanno parte, senza riuscire a promuovere l'organizzazione del nuovo sistema di sicurezza su cui fondano i loro calcoli per il futuro. In una prospettiva strategie~ a lunga scadenza, questa eventualità non costituisce, nemmeno dal punto di vista occidentale, un fatto che si possa salutare con soddisfazione. Nella misura in cui si è interessati al processo di distensione e alla normalizzazione delle relazioni internazionali, non si può desiderare la disgregazione immediata dei blocchi, perché questo avvenimento non farebbe che accrescere le condizioni d'incertezza del dialogo fra i paesi dell'Est e quelli dell'Ovest. Il moltiplicarsi nell'arena mondiale di autonomi centri di potere, dotati di interessi particolari così forti da non potere essere subordinati agli interessi 89 BibliotecaGino Bianco

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