Nord e Sud - anno XIII - n. 80 - agosto 1966

Massimo Galluppi senza che vi fossero né le condizioni materiali né quelle culturali perché esso potesse affermarsi come il risultato naturale di un processo economico, politico e psicologico che investiva l'intera comunità nazionale. Una struttura di potere ed un'ideologia, di per se stesse estranee ad ogni impulso di carattere nazionale, sono state imposte a delle società contadine, nelle quali erano ancora molto vivi gli umori, i pregiudizi ed i risentimenti che avevano accompagnato la loro nascita ed il loro sviluppo, e di cui, bene o male, esse continuano a sopportare il peso. Questo fenomeno si è manifestato con particolare evidenza in Romania, la cui struttura sociale (78,6% di popolazione rurale nel 1930, 66,6% nel 1965) era fra le più arretrate dell'Europa sud-orientale e in cui i comunisti, che nel 1944 costituivano soltanto una minoranza debole e disorganizzata, erano praticamente esclusi dal corpo vivo della nazione. Venti anni di regime comunista non hanno modificato questo stato di cose e i vecchi miti hanno conservato gran parte della loro importanza. Quando nella seduta del Comitato Centrale del 22 aprile 1964 il segretario del partito comunista romeno ha letto la dichiarazione che rivendicava solennemente l'autonomia e la sovranità nazionale contro le tesi sovietiche di integrazione economica negli organismi sovrastatali predisposti dal Comecon, pronunciando parole come « patria» e « indipendenza » egli si è richiamato ad antichi valori, profondamente radicati nella coscienza della popolazione. Agli stimoli tradizionali si sono aggiunti, intrecciandosi strettamente con essi, gli impulsi morali e psicologici emersi nel clima ro.- vente del dopoguerra. Tra il 1944 ed il 1958 la presenza russa, ingombrante ed ossessiva a causa della debolezza iniziale del regime comunista, è stata, sul piano psicologico, un'umiliazione sofferta dall'intera nazione. Un vero e proprio processo di « russificazione » della comunità nazionale è stato attuato in modo brutale ed in misura probabilmente eccessiva. Per anni, ufficiali ed esperti civili sovietici hanno comandato nella polizia e nell'esercito ed hanno avuto in mano le amministrazioni pubbliche e i principali settori economici. A Bucarest soldati russi camminavano per le strade non più intitolate agli eroi nazionali romeni, ma agli artefici vecchi e nuovi- della « rivoluzione mondiale ». Il russo era la lingua straniera obbligatoria nelle scuole - in una società tradizionalmente attratta dalla cultura francese - e per anni gli insegnanti romeni sono stati quotidianamente costretti a rendere omaggio alla scienza ufficiale sovietica ed ai suoi pontefici massimi. In altri campi, la manomissione di Mosca non è stata meno pesante. I russi si sono comportati in Romania non come alleati - quali si proclamavano ufficialmente -, ma come vincitori - quali effettivamente 84 BibliotecaGino Bianco

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