Nord e Sud - anno XIII - n. 80 - agosto 1966

Maria Ciranna Venturini esigenze e di bisogni connessi alla vita degli individui in una società soggetta a profonde trasformazioni. Dall'epoca dell'immediato dopoguerra molte cose sono cambiate; il patrimonio professionale degli assistenti sociali si è arricchito e raffinato, adeguandosi a bisogni nuovi; accanto alla risoluzione di casi di bisogno individuale si sono sviluppate le tecniche di lavoro per l'educazione civica e per l'organizzazione comunitaria di gruppo; la ricerca sociale, l'approfondimento di studi sociologici hanno consentito di individuare una gamma ài problemi e di soluzioni: dal lavoro sociale di tipo comunitario nelle zone depresse del Mezzogiorno, alla formazione dei leaders, dall'assistenza al servizio sociale per gli immigrati nelle grandi aree metropolitane, all'approfondimento dei rapporti scuolafamiglia e scuola-comunità. Gli archivi degli Enti sono pieni di relazioni non lette, di diagnosi non recepite e inutili. Dietro di esse vi è tutta un'area di vita sociale del paese che sembra destinata a rimanere periferica e marginale e che pure incide fortemente sul suo sviluppo democratico; è in quest'area che si concentra il 1nassimo di « non conoscenza e di non partecipazione », oggetto così frequente di lamentazione da parte degli editorialisti domenicali dei grandi quotidiani. È tutta l'area che comprende i protagonisti della crisi di trasformazione in atto nel nostro paese, di coloro che vivono nel mito dell'Italia nuova, industriale, integrata nella civiltà dei consumi, ma che di questo mitico paese nuovo ancora non usufruiscono. Gli immigrati che vivono ai margini delle grandi città, i giovani ancora incerti sulle loro scelte nelle zone di esodo, le famiglie dei subnormali che non trovano adeguata assistenza e aiuto, i malati e gli anziani mal protetti da un onerosissimo e irrazionale sistema di previdenza, e così via. Gli assistenti sociali non vogliono un paese perfetto ed immobile carne qualcuno ama credere, ma vogliono che si operi nei momenti di crisi e di trasformazione, per ridurre nei limiti del possibile i costi sociali delle generazioni coinvolte. Perciò la sentenza del Consiglio di Stato, se ci rassicura su un pericoloso sistema di affidamento esterno dei compiti sociali dell'intervento pubblico, lascia aperto un altro interrogativo sul modo in cui gli organismi pubblici si assumeranno nuovi compiti sociali, nel momento in cui tante resistenze sembrano manifestars1 ad una seria riforma. A meno che « non sia necessario che tutto resti come prima perché tutto cambi» come voleva, con amara saggezza, il principe di Salina. Per parte nostra, non siamo della stessa opinione. MARIA CIRANNA VENTURINI 78 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==