Italo Talia nialistico », quali ne esistono, ad esempio, nel Centro e nel Sud America per l'avvenuta contaminazione fra il \:ecchio mondo locale ed il nuovo mondo degli oligopoli nord-americani». Ma, in definitiva, ci sembra di poter affermare che gli elementi extranazionali di questo neocapitalismo non ci debbono preoccupare oltre misura. Si tratta, in genere, di forze economiche che si sono sviluppate a contatto di civiltà rurali altamente progredite -- caso tipico quello della Svezia e della Danimarca - e che portano da noi una mentalità ispirata alla civiltà di quei rapporti; non concepiscono, cioè, le relazioni con i produttori agricoli in quei termini di vassallaggio: di prezzi esosi, di djsinteresse per l'assistenza tecnica del produttore agricolo che sono stati e sono tuttora i concetti ispiratori di tanta parte della nostra industria di trasformazione. Anzi, v'è di più. Poiché queste forze nuove del neocapitalismo contengono in sé elementi di progresso economico e sociale che sono veramente rivoluzionari nei confronti del nostro mondo contadino, è bene non perdere altro tempo e favorirne decisamente la penetrazione in questa realtà arretrata. Perdere altro ten1po significherebbe « lasciarle agire solo dopo che le grandi ondate di esodo avranno svuotato quasi completamente di forze umane giovani le campagne; ne avranno depresso i valori capitali a minimi livelli, avranno sbriciolato quelle forze culturali autonome che ancora restano nei centri rurali; avranno annullato ogni capacità di azione degli enti locali e delle loro finanze e della classe politica locale. Più il tempo passa e più si sprecano risorse, opportunità, tempo prezioso, capacità dialettiche in grado di dare alla ' rivoluzione economica' dell'agricoltura un volto equilibrato e ricco di tendenze costruttive interne. La spinta esterna, viceversa, può essere ancora in grado di suscitare considerevoli forze locali latenti e quindi di evitare che il 'neocolonialismo' diven6 la forma di sviluppo delle nostre campagne da parte del neocapitalismo». Tali forze latenti si identificano, vale la pena 'di ripeterlo, con le aziende cooperative agricole. Queste, infatti, anche in presenza di un'industria alimentare dalle dimensioni e dai caratteri « europei», possono inserirsi nelle prime fasi di trasformazione dei prodotti, e, soprattutto, attraverso la diretta gestione dei supermercati, realizzare, nel campo degli ortofrutticoli, dei prodotti di latteria, del pollame, dei vini, quell'integrazione verticale che attuano le imprese industriali_ nel ca1npo degli abiti fatti, in quello dei libri, in quello delle calzature. È, questo, il secondo elemento neocapitalistico che dovrebbe permettere il « decollo » delle campagne. Processi di integrazione verticale di questo genere comportano, infatti, per l'agricoltura, una posizione attiva, nei confronti del grosso problema della prima trasformazione e della commerciaUzzazione dei prodotti. ·Ma, di fronte a tali prospettive, paradossalmente, siamo in presenza di una legislazione amministrativa che rende difficile un ampio sviluppo dei supermercati. La legislazione vigente, mentre assegna il rilascio delle licenze per i negozi al minuto alle autorità comunali, assegna ai prefetti, con il parere delle Camere di con1mercio, i compiti di licenza_ per questo tipo ~i 60 BibliotecaGino Bianco
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