I Giornale a più voci rilevanti di quelli che si sarebbero limitati ad arrecare i « grattacieli» brutti e pretenziosi di Via Dante ad Agrigento, se qui non ci fosse stato l' « incidente» della frana: tragica conseguenza dell'irrazionale abuso di un suolo di natura geologica infida. Ed infatti, oggi, si parla di Agrigento, si deplora la speculazione edilizia agrigentina, si compiangono le diecimila persone rimaste senza casa. E la solidarietà nazionale a favore di questa città e di queste vittime si manifesta attraverso provvedimenti che implicheranno la spesa di parecchi miliardi; spesa che a tutti, com'è doveroso, sembra giustificata; e che a molti, semmai, appare insufficiente. Sarebbe tuttavia auspicabile che l'opinione pubblica nazionale, così come, giustamente, saprà mostrarsi disponibile alla commozione, e quindi alla solidarietà con i sinistrati siciliani, sappia, allorché il Parlamento discuterà i provvedimenti per Agrigento, mostrarsi disponibile anche per una civile indignazione nei confronti della speculazione edilizia ch'è stata, se non l'unica e se non la determinante, certo una delle cause del disastro. Con la consueta pn1denza, il « Corriere della Sera» del 28 luglio, in un resoconto da Roma, paventava la possibilità di « speculazioni » politiche a proposito del caso di Agrigento, in quanto - citiamo dal resoconto in questione - « da alcune parti politiche si m·:ra a strumentalizzare la seduta parlamentare » che verrà dedicata alla ratifica dei decreti legge « proponendo dibattiti su temi diversi ». Quali sarebbero i « temi diversi », il resoconto del « Corriere» lo illustra più avanti, riferendo della pubblicazione, da parte del1' « Unità », del documento « da cui r,·:sulterebbe che il governo regionale siciliano era a conoscenza della n1inaccia che gravava su Agrigento ». Si tratta, cioè, di quel gravissimo rapporto compilato da un vice-prefetto e da un maggiore dei carabinieri, a ciò sollecitati appunto dal governo siciliano (che però, una volta avuto in suo possesso il docun1ento, non ne avrebbe tratto alcuno stimolo all'azione) dal quale risulta abbastanza chiaramente come ~ citiamo ora l'articolo di Michele Tito sulla « Stampa» del 28 luglio - « Agrigento non ha un piano regolatore, e non lo ha perché non ha creduto d·~dover spendere i sette milioni per i necessari rilievi cartografici». Invece del piano, scrive ancora Tito, « è stato elaborato un « regolamento » che vige per la sola città di Agrigento: è un regolamento che non proibisce in pratica niente e che consente ogni arbitrio ». Ed infatti, il rapporto consegnato nel 1963 alla Regione siciliana dal vice-prefetto Di Paolo e dal maggiore Barbagallo attesta che di arbitri ne sono stati compiuti parecchi: « il costruire senza licenza è diventato ormai una consuetudine », è detto in un passo della relazione. Centoventisei edifici vennero costruiti così; per essi, gli amministratori comunali democristiani emisero ·sempre provvedi-· menti di sanatoria, applicando ammende irrisorie. Di demolizioni delle opere abusive neppure a parlarne. Di fronte a questa situazione, i timori dei ·gruppi moderati e, in genere, di tutte le categorie che hanno interesse a che non si riaccenda nel paese la polemica urbanistica che negli anni scorsi sembrava dovesse portare final55 BibliotecaGino Bianco
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