, Le keynésien ,nalgré lui fatalmente a riprodurre nell'avvenire dell'econo1nia italiana i medesimi pregi e i medesimi difetti tante volte segnalati per il passato. La crisi e il settore pubblico Se il bilancio della crisi sarà pos1t1vo per il settore privato, che potrà presto riprendere la corsa verso traguardi sempre più ambiziosi, purtroppo non altrettanto si può dire del settore pubblico. La crisi è stata impegnativa per la pubblica amministrazione non meno che per l'industria privata. Senonché, laddove l'industria privata sta dando segni palesi di saper superare le difficoltà con una certa chiarezza di vedute, il settore pubblico, messo ugualmente alla prova, rischia di emergerne senza aver realizzato alcun sostanziale progresso. È difficile stabilire se l'azione delle autorità economiche nel corso degli ultimi due anni sia fallita per impossibilità politica di determinare una linea di condotta coerente, per scarsa abilità nella manovra delle leve di politica economica disponibili, o addirittura per mancanza strutturale di strumenti adeguati. Certo è che si ha l'impressione che, da due anni a questa parte, e forse anche più, la situazione tenda progressivamente a sfuggire di mano. Si può dire che, nel corso della depressione, tutte le principali manovre di politica economica tentate per riportare l'economia sotto controllo siano sfociate nell'insuccesso. Le autorità governative erano concordi nel ritenere opportuno un rallentamento nella dinamica salariale, e auspicavano, anzi, l'introduzione di una politica dei redditi; e viceversa, il reddito per addetto ha continuato ad aumentare, e, anzi, proprio nel settore pubblico ha accelerato il passo. Nel campo degli investimenti, le autorità erano, almeno ufficialmente, favorevoli ad una ripresa vigorosa, e a questo fine presero provvedimenti sia fiscali (alleggerendo il carico degli oneri sociali per l'impresa) sia creditizi; ma, nonostante gli stimoli, gli investimenti, sia privati che pubblici, hanno subìto nel 1965 una flessione pari a quella che, come conseguenza dei provvedimenti restrittivi, avevano subìto nel 1964. Nel settore dei consumi, le autorità, a torto o a ragione, ritenevano utile frenare l'aumento dei consumi per fare posto a più ampi risparmi; e viceversa i consumi hanno proseguito nel loro aumento a ritmo immutato, sospinti dal-· l'aumento dei redditi di lavoro. Si potrà dire, non senza ragione, che sotto un certo profilo, dal momento che la politica governativa sembrava votata all'insuccesso, è stata una fortuna che l'insuccesso si sia verificato su tutta la linea. Se, infatti, il fallimento nello stimolare gli investimenti si fosse accompagnato ad un successo nel contenimento dei con43 BibliotecaGino Bianco
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