Nord e Sud - anno XIII - n. 80 - agosto 1966

Augusto Graziani i maggiori hanno perduto buona parte del loro peso, per fare posto alla siderurgia, alla chimica, alla meccanica, che hanno ·assunto il ruolo di industrie base dell'economia italiana. Questa profonda trasformazione è stata resa possibile dal convergere di due ordini di circostanze. Da un lato, l'economia di tutti i paesi industrializzati ha attraversato una fase di veloce espansione, il che ha consentito anche all'Italia di sviluppare un flusso crescente di esportazioni, soprattutto nel settore dei manufatti; dall'altro, l'Italia si trovava avvantaggiata da un mercato del lavoro particolarmente favorevole agli imprenditori, il che consentiva di tenere gli aumenti di salari costantemente al di sotto degli aumenti di produttività e di sviluppare la produzione industriale in regime di profitti crescenti. Se da un lato lo sviluppo industriale italiano è stato favorito da questi elementi, esso si è trovato non meno fortemente condizionato da altre circostanze. Anzitutto, l'economia italiana povera di materie prime e con una bilancia dei pagamenti tradizionalmente passiva, doveva sviluppare un flusso di esportazioni crescente per fare fronte al fabbisogno di importazioni; in secondo luogo, la decisione fondamentale di preservare il sistema dell'economia di mercato, faceva sì che lo sviluppo industriale si concentrasse in quei settori e in quelle regioni dove la formazione di profitti era più immediata e abbondante. L'industria privata, spinta dalla motivazione del profitto, ha sviluppato i settori di produzione che coincidevano con l'espansione della domanda estera e consentivano quindi un più veloce sviluppo delle esportazioni. In questa evoluzione, da una struttura strettamente nazionale e protetta, verso una struttura aperta alle relazioni con i mercati europei, non si può negare che l'industria italiana abbia mostrato considerevole abilità. Da un lato, l'esigenza di conquistare mercati esteri imponeva l'uso di tecnologie avanzate, con grande uso di capitali fissi e meccanizzazione spinta, per ottenere prodotti aventi requisiti di precisione e di resistenza pari a quelli provenienti da altri paesi; dall'altro, il mercato interno offriva la possibilità di fare largo uso del fattore lavoro, la cui offerta era praticamente illimitata. Messa di fronte a queste esigenze contrastanti, l'industria italiana ha finito con l'accoppiare il grande stabilimento, caratterizzato da lavorazioni altamente meccanizzate e largo uso di capitali fissi, in tutti i casi in cui le esigenze delle esportazioni lo imponevano, con il piccolo stabilimento padronale, basato su lavorazioni artigianali, in tutti i casi in cui la disponibilità di manodopera a buon mercato offriva la possibilità di ridurre i costi senza deteriorare la qualità del prodotto finale. Inutile dire che questa struttura marcatamente, dualistica è stata 40 BibliotecaGino Bianco

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