Lettere al Direttore aspettare - come Lei suggerisce ad Ottone - che il ricarnbio avvenga naturalmente, nzagari aiutandolo un poco, per il normale decorso biologico. Ma mi sembra che la storia del Mezzog.;orno non abbia finora trovato un valido aiuto nel « tempo »; né si può essere troppo entusiasti pensando alle cose che nel Mezzogiorno sono accadute, in n1eglio, rispetto a vent'anni fa. Il fatto è che non sono tanto gli uom.ini, ma le strutture che contano e pesano nella vita di un paese. Se queste sono civili e den1ocrat.~che (e in Italia non lo sono ancora del tutto), non ha in1portan~a che gli u01nini siano vecchi o giovani, di ferro o di argilla. È il costume polit,:co che deve 1nutare in Italia, e soprattutto nel Sud, con i rapporti clientelari che pennangono alla radice cli ogni iniz/ativa vecchia o nuova, gli abusi e le prepotenze, la scarsa sensibilità clen1ocratica e lo scarso impegno civile. È ancora quella stessa classe dirigente che, pur mutando pelle, pur ringiovanendo, finisce sempre per mostrare i vecchi v.:zii, le vecchie abitudini, abbarbicata com'è intorno ai suoi intricati giri cli potere, piccoli o grandi che siano. La storia passata e recente cli molte istitirz:oni pubbliche napoletane è abbastanza eloquente in proposito. Così, non possono certo valere trecento cervelli nuovi a 1nodificare questa realtà, a maggior ragione se « in1portati ». La riprova cli quanto affermo mi deriva proprio dalla mia banaliss.:n1a esperienza di uo-,,no del Nord qui a Napoli. La maggior parte delle teste « Ìlnportate » che hanno in questi anni lavorato in un piccolo istituto, come quello al quale appartengo (il Fonnez), non hanno trovato di n1eglio chei adeguarsi al « corso della storia » del Mezzog,:orno e cercare, nei mon1enti difficili, di mantenersi a galla c01ne e più di qualunque uomo del Sud. Può darsi che questo sia nella natura delle cose, o, più se1nplicemente, che non fossero questi gli uomini di « ferro » cui pensava Dorso; ma la n1orale del mio discorso vuol essere un'altra. Le cose cambiano, le istituzioni n1utano soltanto se il s.;stema cessa di essere f andato sul clientelismo e se la classe politica dominante utilizza veramente le forze n1igliori per trasformare la società in una sostanziale democra-z·2a. L'avvento di una nuova classe di tecnici, di esperti, è senza alcun dubbio un fattore cli fondamentale importanza per il rinnovo della cultura n1eridio- -,,zale:ma non s::; cada nell'errore di credere che i tecnici possano o debbano sostituirsi ai politici. I tecnici sono, strumenti al servizio del potere e, come tali, sono esposti sempre, più o meno consapevoln1ente, alla politica dei gruppi clo1n·:nanti, pubblici o privati che siano. E sono precisamente questi che debbono dar prova di voler cmnbiare, nel Sud: altri1nenti non fare1no altro che attorniarci di nuovi cortigiani, più o ~nena abili nel fornire alla classe dirigente un linguagg::o pseudo-scientifico, dietro il quale c'è il vuoto assoluto. E i trecento uo,nini di Dorso finirebbero probabilmente alle Termopili. LUIGI FRUTTERO Questa lettera dell'amico Fruttero, che volentieri pubblichiamo, ci trova pienamente consenzienti e diremmo che si tratta dell'altra faccia di uno 127 BibliotecaGino Bianco
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