Fausto Ern1anno Leschiutta - Marisa Càssola ormai desueti, che hanno caratterizzato le città delle civiltà pre-industriali (si pensi a1le torri comunali, alle enormi cattedrali sovrastanti il minuto tessuto edilizio, ai campanili) - e dall'altro i: termini cui figurativamente possa essere ridotta una sua rappresentazione. È ormai chiaro che nel futuro delle città si annuncia una rivoluzione analoga a quella verificatasi nel passaggio dalla città romana a quella medioevale (la rivoluzione industriale non ha determinato fisionomie nuove, ma ha soltanto contaminato le antiche). La città verso cui si tende avrà invece una dimensione ed una scala del tutto nuove, e sarà « un organismo così differente da quello che esiste che lo spirito fa fatica ad immaginarselo » (Le Corbusier). In questo senso tutte le proposte, per utopistiche che possano sembrare, sono un necessario contributo a rompere schemi ormai frusti, e a farci intuire l'ambiente in cui si potrà avere una condizione di vita soddisfacente anche per comunità di diversi milioni di persone. La strada attraverso cui si attuerà il destino della città comprende pertanto l'uso della forma e la introduzione di « oggetti» con una carica rappresentativa tale da divenire simboli (che siano cioè recepiti non soltanto in senso fisico ma anche al livello delle percezioni sublimjnali), e in definitiva verrà tracciata, una volta ancora, dalla utopia. L'agile saggio di De Meo e Scalvini risulta una utile chiarificazione dei termini del dibattito in corso, e il libro costituisce un efficace stimolo per gli studiosi consapevoli del condizionamento che l'ambiente urbano pone alla vita dell'uomo. È da augurarsi che l'argomento venga presto ripreso ed ampliato nel quadro di una visione globale. FAUSTO ERMANNO LESCHIUTTA La Sicilia di Sciascia Nelle ultime pagine de Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia, il capitano Bellodi, un ufficiale dei carabinieri di stanza in Sicilia, dopo aver ultimato le indagini· su un delitto di mafia, senza riuscire ad ottenere il trionfo della giustizia, si reca in vacanza in una città del Nord. Qui ripensa con pena più amara, ma anche più lucida e distaccata, a quel mondo denso di passioni, di odiì e di ipocrisie nel quale è costretto giorno per giorno ad operare. Da lontano l'ambiente sordo e ostile ch'egli conosce così bene potrebbe sembrare incredibile; facile sarebbe rassegnarsi, rinunciare a combattere per una causa in partenza perduta. Eppure egli decide di tornare a « rompersi la testa» contro quella barriera assurda, forse invalicabile, fatta di pregiudizi, di omertà, di interessi costituiti. È evidente che in nessuno dei suoi personaggi Sciascia si è identificato come nel capitano Bellodi. Il sentimento complesso che lega il protagonista de Il giorno della civetta all'isola amata e insieme odiata è lo stesso che mantiene lo scrittore fedele 122 BibliotecaGino Bianco
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