Nord e Sud - anno XIII - n. 80 - agosto 1966

Fausto Errnanno Leschiutta correlati tra loro in maniera diversa e del tutto nuova. Da una parte, infatti, non è possibile prefigurare l'aspetto che gli insediamenti industriali andranno assumendo, e dall'altra le residenze degli operai si sono· svincolate dai troppo stretti legami con le industrie. Tutto sommato, il binomio residenza-posto di lavoro, che dalla rivoluzione industriale ad oggi è stato l'elemento motore dello sviluppo della città ed il punto cardine di tutte le proposte riformistiche dell'età contemporanea, rimane ancora determinante nella formazione del quadro urbano dei giorni nostri, anche se « quello che è il binomio classico della tradizione ottocentesca, industrializzazione-urbanesimo, è obsoleto ». Arrivati però alla situazione attuale, si avverte che i limiti che i due autori si sono imposti nuocciono non tanto alla comprensione, quanto alla possibilità di aggancio offerta a lettori non particolarmente introdotti nella materia; avrebbe forse giovato in questo senso una estensione del discorso e il richiamo di certi precedenti. Difatti, già nei primi anni dell'Ottocento, quando nelle città industriali francesi e soprattutto inglesi si era ormai determinata una situazione intollerabile, si ebbero le prime proposte di riorganizzazione della città; tali proposte contemplavano dei nuclei del tutto esterni alla città e basati sull'equilibrio dei due termini residenza e lavoro. Queste prime proposte sono comunemente definite «utopistiche», in quanto non tenevano presenti tutti i fatto_ri e la complessità della situazione in cui si volevano inserire; tuttavia in esse era confermata una idea che sarebbe stata in seguito costantemente presente nella cultura urbanistica: quella dell'evasione dalla città, del ritorno alla campagna, della vita sociale impostata in termini comunitari. La stessa idea riappare, all'inizio del Novecento e sempre in Inghilterra, nella proposta delle famose città-giardino; e una soluzione analoga, anche se su scala molto più ampia, è stata adottata in questo secondo dopo-guerra per contenere e controllare l'espansione di Londra. Il piano della « grande Londra» blocca la città con una cintura di verde e imposta la realizzazione, al di fuori di questa fascia, di otto New-Towns, calibrate ciascuna su un numero di abitanti variabile dai 60 ai 100 mila e dotate di nuclei industriali sufficienti a garantire il lavoro a tutti. È stata proprio questa esperienza inglese a mettere in luce il fatto che il desiderio di evadere dalla città verso la campagna non è poi così diffuso come si credeva, ma che, anzi, è vero il contrario: la città esercita una attrazione molto forte, attrazione che è proporzionale alla dimensione urbana ed alla densità sociale, tanto da diventare massima per le città a carattere metropolitano. Il grande sviluppo della città, peraltro, fa sì che le industrie se ne allontanino, insediandosi in quel settore della regione che è legato alla città da vari rapporti di interscambio. D'altro canto le residenze non seguono la fabbrica e rimangono in città; o, se sì collocano nel territorio, lo fanno indipendentemente dalle prime. Da questo processo viene definito il quadro della città-regione proprio di 120 BibliotecaGino Bianco

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