I Recensioni di fronte del 19 marzo 1915, quando Bissolati « annuncia inaspettatamente che voterà la fiducia», salvando Salandra, con lo scopo di spaccare il fronte dell'intervento e « rompere il contatto coi nazionalisti» (si veda Vittorio De Caprariis, Sul fronte e dietro il fronte, « Il Mondo», I settembre 1964, p. 11 ), per comprendere l'intensità dello sforzo di Bissolati di non confondere il filone democratico con le altre correnti dell'interventismo. E tuttavia proprio questo episodio mostra in quale rete di contraddizioni fosse stretta la politica di Bissolati. La frattura del fronte dell'intervento era senza avvenire. « Bissolati - sono parole di De Caprariis (art. cit.) - poteva contare sui riformisti e su una parte dei radicali; ma tra lui e il governo restava un equivoco: e l'equivoco si chiamava Sonnino. Per forzare la mano alla destra liberale egli aveva bisogno dei costituzionali di sinistra ... Il non aver tentato ciò resta il limite dell'azione di Bissolati; il non aver compreso ciò è un'altra prova della sostanziale incapacità dei giolittiani di rendersi conto del profondo mutamento del periodo politico. Più tardi la disciplina di governo, le necessità della guerra, l'aggravarsi dei tragici contrasti tra la sinistra liberale e gli interventisti democratici consacreranno definitivamente l'impossibilità di sbloccare la situazione ». L'alternativa ideologica di Bissolati non si concretava, quindi, in una alternativa politica. Quali sono le ragioni di questo fallimento? Secondo Manzotti, « il vero dramma di Bissolati sta nell'avere da un lato rotto con l'evoluzionismo accettando la guerra, e dall'altro nel credere che nell'ambito dei nuovi rapporti fra proletariato e borghesia che dalla guerra necessariamente sarebbero derivati, fosse possibile conservare inalterato l'evoluzionismo sociale. Non vedeva cioè tutte le i1nplicazioni di tale rottura». Ed anche quando le vide, e cercò di frenare gli sviluppi eversivi della guerra, la sua azione risultò inefficace. Le guerre non sono per loro natura né rivoluzionarie né reazionarie; diventano tali solo per effetto della incidenza di precise forze e volontà politiche (l'osservazione è di Manzotti). Bissolati e gli altri interventisti democratici non riuscirono ad impedire che la guerra ricevesse l'impronta di nazionalisti, militaristi e dannunziani. Una prima ragione della loro debolezza era nella loro stessa esiguità numerica, circostanza questa che impediva a Bissolati di « spingere la sua intransigenza fino alle ultime conseguenze»; d'altronde, « il vuoto di un'eventuale caduta di Sonnino comportava il pericolo del franamento verso una situazione rivoluzionaria». Bissolati oscilla inoltre continuamente tra il timore di un sovversivismo di « destra», alimentato dagli interventisti massimalisti ed il timore di un sovversivismo di « sinistra», dovuto ai socialisti. E la mancanza di forza politica gl'impedi~e di rendere concreta una « sua » politica di centro. La speranza di Bissolati che la guerra potesse rappresentare l'occasione di un ingresso delle masse nel più generak contesto della nazione, cadeva quindi alla prova dei fatti. Con la guerra, è vero, le masse cominciano a farsi « protagoniste» della storia: ma il quadro istituzionale liberale è ormai per esse un dato tutt'altro che indiscutibile. La guerra ha portato le masse 113 BibliotecaGino Bianco
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