Nord e Sud - anno XIII - n. 80 - agosto 1966

, Recensioni l' « ideologia ») del socialriformismo ebbe un'influenza diretta solo nei confronti della pratica delle alleanze. Ma, a parte questo, fu la stessa geografia politica - che è quanto dire socioculturale - dell'Italia del tempo ad assegnare al nuovo partito il proprio spazio: H Mezzogiorno, perché privo di tradizione operaia e cooperativistica, e quindi privo di tradizione socialista; il Mezzogiorno, perché, per le stesse ragioni, più aperto ad una politica su basi personali e clientelari, quale un partito «di candidati» era portato dalla logica delle cose, se non dai suoi programmi, a praticare. D'altra parte, nel 1912, quando nasce il partito socialriformista, i presupposti di una politica rivoluzionaria nel Mezzogiorno appaiono incerti. La valvola di sfogo della emigrazione aveva relativamente decompresso la situazione economica del Sud, con l'effetto di abbassarne la temperatura. politica: conati insurrezionali come quelli dei Fasci siciliani apparivano ormai inattuali. Più fondata, ma non ben formulata, mi sembrava anche un'altra accusa mossa dallo stesso Lepre nei confronti dei socialriformisti, e in particolar modo di Bissolati: quella di non aver capito la natura delle trasformazioni che stavano avvenendo nella società europea e italiana. Trasformazioni che si sarebbero compendiate nell'evoluzione - diagnosticata, com'è ben noto, da Lenin - dal nazionalismo all'imperialismo. Tale incomprensione era dovuta - secondo Lepre - alla sopravvivenza. in Bissolati di motivi etico-politici della tradizione risorgimentale, a cui egli del resto esplicitamente si richiamava, che gli avrebbero precluso una retta intelligenza del processo in corso. Anche questa critica, a mio parere, pecca di schematismo. Bissolati, e con lui tutti gl'intenrentisti democratici, non possono essere considerati alla stregua di osservatori, innanzi ai quali si spiegasse nella sua complessità il processo storico: da interpretare nelle sue linee essenziali, per porsi poi nella posizione « storicamente giusta ». La posizione storicamente giusta esiste solo per metafora. Bissolati e gli altri interventisti democratici erano anch'essi protagonisti degli avvenimenti dei loro tempi, in misura maggiore o minore a seconda della loro capacità intellettuale, tenacia, forza morale, ed anche senso politico, vale a dire attitudine ai giudizi pratici e alle decisioni tempestive (solo in questo senso li si può vedere intenti a scrutare la realtà in cui erano calati, non per cogl.iere le linee di una inesistente « necessità storica»). E i loro limiti, meriti o demeriti, vanno giudicati da tutti i punti di vista indicati. Non solo dalla loro capacità di discernere l'essenziale dal contin~nte (distinzione anche questa di comodo) nel momento storico. « Se lo storico parla di Salamina - scriveva Huizinga - allora è ancora possibile che i Persiani vincano ... Lo storico può rendere giustizia alla copiosa estensione della vita soltanto facendo valere costantemente l'illimitazione delle possibilità». Esagerava, naturalmente, come non hanno mancato d'osservare quasi tutti i suoi critici. Ma affermava un'esigenza che è in gran parte valida. Quella di non porsi, se si è storici, dinanzi all'Avvenimento, come di fronte ad un edificio, solido, compatto, definito nelle sue strutture, e provvisto di una porta pr:incipale e di alcune porte secondarie, per cui basta 111 BibliotecaGino Bianco

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