Venti anni di repubblica vent'anni la DC è sempre stata al governo, ma il suo potere è stato sempre contestato e in una maniera o nell'altra limitato e continuamente ridimensionato. Altri partiti sono entrati e usciti dal governo a seconda delle circostanze e, come nel caso del PSI, talora a distanza di un quindicennio. Migliaia di amministrazioni locali hanno visto mutare più volte il partito sul quale poggiavano. Ad ogni mutamento di governo o di amministrazione un formale scambio delle consegne ha sancito la natura alternativa del potere. « Ludi cartacei »? Democrazia formale e non sostanziale? Chi si sentirebbe, oggi, di dare una risposta tranquillamente positiva a simili interrogativi? Sta il fatto che spiegare, in un prossimo domani, al nostro popolo che esso non ha più il diritto di scegliersi da sé i suoi governanti e i suoi amministratori sarebbe cosa assai più difficile di quanto fosse venti o, peggio ancora, quarant'anni fa. Si ricordi, ad esempio, quanta parte avesse nella propaganda specialmente comunista, all'indomani delle prime elezioni repubblicane, l'attribuire i successi della DC a presunti e colossali « brogli »; e si noti come, nelle ultime elezioni, il ruolo del « broglio » si sia gradatamente ridotto, fino a scomparire quasi del tutto. Non è soltanto la scomparsa di un mezzuccio, ritenuto idoneo a spiegare, ad una base psicologicamente immatura, il mancato successo del partito invincibile e pronosticato, ad ogni vigilia, come sicuro vincitore; è anche la scomparsa di un artificio sottilmente e sostanzialmente sovversivo, che, scandalizzando le menti dei semplici, si proponeva di invalidare la fiducia popolare nel gioco elettorale della democrazia. Allo stesso modo, non ci sembra che siano giustificate le riserve talvolta affacciate sul valore dell'alta affluenza alle urne che solitamente viene registrata in Italia. Si tratta, è vero, di una affluenza notevolmente più alta di quella consueta in paesi di ben più antica e solida tradizione democratica, e che spesso diventa addirittura totalitaria. Né si può negare che a determinarla concorrano fattori non strettamente politici e non del tutto spontanei. Bisogna, però, riconoscere pure che la propaganda contro l'astensionismo elettorale è anch'essa mutata di tono nel corso degli anni. Grossolane forme di intervento come quelle che i Comitati Civici prediligevano all'inizio della loro azione, non sortirebbero oggi il medesimo effetto e, infatti, non sono proprio più messe in pratica. Anche il gusto del pubblico per le campagne elettorali. è andato mutando e, secondo ogni apparenza, progredendo in qualità e intelligenza. Basti pensare alla decadenza della vecchia oratoria da comizio, al successo dei dibattiti politici alla radio e alla televisione, al deciso prevalere della propaganda spicciola e ragionata su quella di massa e ad effetto, all'esito positivo dell'azione legislativa condotta per limitare le spese elettorali 9 BibliotecaGino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==