Renato Treves notare come in esse si osservino fenomeni di carattere ancora più particolare, e quindi ancor 1neno suscettibili di generalizzàzione. Penso soprattutto ad un fenomeno di cui molto si parla in queste ricerche: il fenomeno della sopravvivenza della ripartizione in classi d'origine feudale. Si tratta della ripartizione in cui si distinguono: i « baroni », che appartengono alla nobiltà e che sono onnai quasi scon1parsi dai piccoli centri perché si sono trasferiti nelle grandi città; i « galantuomini », che non appartengono alla nobiltà, n1a che le sono assai vicini e che al pari di essa costituiscono una casta chiusa e portano il titolo di don per eredità paterna; i « massari », cioè i contadini, che, grazie alla coltivazione della terra, all'allevamento del bestiame e al prestito del denaro, sono riusciti ad arricchirsi e a guadagnarsi il rispetto e la considerazione del vicinato; i « maestri artigiani », che compiono tutti i mestieri diversi da quelli della terra, come muratori, fal_egnami, carrettieri, vasai e così via; i « cafoni », cioè i braccianti agricoli, che costituiscono la classe più numerosa e più miserabile. Spero che queste indicazioni sul contributo che le ricerche di comunità possono dare allo studio delle classi sociali nel nostro paese siano sufficienti a dimostrare quanto abbiamo detto, cioè che tali ricerche non possono essere utilizzate per tracciare a grandi linee un quadro delle classi sociali in Italia così come qui si è cercato di fare. Debbono tuttavia esser tenute presenti quando si vuole illustrare qualche dettaglio o si vogliono mettere in maggiore evidenza le differenze che esistono tra regione e regione e tra Nord e Sud; differenze delle quali si è parlato fin dall'inizio. RENA IO TREVES 88 BibliotecaGino Bianco
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