Nord e Sud - anno XII - n. 65 - maggio 1965

Renato Treves non abbia ancora un numero sufficiente di studiosi preparati e non disponga di strumenti adeguati per approfondire i numerosi problemi relativi alla società italiana in trasformazione. Fra questi problemi, quello delle classi sociali è poi, se non erro, uno dei problemi che gli studiosi italiani lasciano volentieri da parte per evitare di prendere posizione e di esprimere dei giudizi di valore. Non è per altro spento nella nostra memoria e nella nostra cultura il ricordo di certe critiche contro concetti che, come appunto quello di classe sociale, vennero definiti dalla filosia idealistica come « equivoci » e qualificati come semplici « pseudoconcetti » 2 • In questo articolo non presenterò i risultati di una ricerca originale, ma cercherò di svolgere il tema propostomi nelle sue linee generali, servendomi dei lavori che direttamente o indirettamente si occupano del tema stesso. Prima di parlare delle classi sociali in Italia, ritengo che sia bene dare qualche indicazione sulle differenze regionali e su alcuni fenomeni di mobilità territoriale e occupazionale, che, a mio parere, non possono non essere tenuti presenti quando ci si propone di studiare questo argomento. Molto opportunamente è stato rilevato che, per conoscere la realtà sociale italiana nel suo complesso, bisogna studiarla nelle sue diverse regioni e che, per descrivere adeguatamente queste ultime, bisogna analizzare la vita che le singole classi conducono in ciascuna di esse 3 • Non è qui possibile analizzare le numerose differenze regionali italiane, né riferire sui lavori che in questi ultimi anni sono stati pubblicati sull'argomento 4 • Mi limiterò ad accennare alla differenza di cui più si parla e che è certamente la più importante, cioè quella che separa le regioni settentrionali, prevalentemente industriali e proporzionalmente più ricche, dalle regioni meridionali, prevalentemente agricole e proporzionalemnte più povere. Su questa differenza si impernia infatti la così detta « questione meridionale» che fu messa in evidenza con molta chiarezza fin dalla fine del secolo scorso da numerosi studiosi e uomini politici e che, dopo esser stata artificialmente occultata durante 2 B. CROCE, Un equivoco concetto storico: la borghesia, in Etica e politica, Bari, Laterza 1931, pp. 321-338. 3 S. SOMOGYI, Differenze regionali alla luce dei fenomeni socio-econom.ici, in AA.VV., Mutamenti della struttura sociale, Torino, Einaudi 1963, p. 44. . 4 V. yer es., AA.VV., Gli squilibri regionali e l'articolazione dell'intervento pubblico, Milano, Lerici 1962. Sulle origini storiche degli squilibri regionali, S. F. ROMANO, La classi sociali in Italia, (1815-1818), in AA.VV., Questioni di storia del Risorgimento e della unità d'Italia, Milano, Marzorati 1961, vol. II, 'pp. 511-572. 68 BibliotecaGino Bianco

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