Giornale a più voct « Come la mettono ora i progressisti di « Nord e Sud »? » A questa domanda dell'« Unità» possiamo anzitutto rispondere che noi interpretiamo le parole dell'on. Colombo, che hanno dato luogo alla reazione dei comuHisti, così come ci sembra che vadano interpretate: come preannuncianti, cioè, una nuova funzione del Banco, modernizzato e sprovincializzato in quanto presente ed operante su scala nazionale; una funzione, però, orientata in senso risolutamente meridionalistico; la funzione, quindi, che da sempre noi avremn10 voluto che al Banco fosse assegnata e che il Banco avesse saputo e voluto assolvere. Aggiungiamo subito, comunque, che fin da ora si devono indicare, come prima abbiamo indicato, quali degenerazioni potrebbe subire questa funzione: in che modo, cioè, si potrebbero svuotare, o annullare, o semplicemente alterare, in sede di attuazione di una più dinamica politica creditizia del Banco di Napoli, i buoni propositi che sono stati enunciati quando sono stati insediati il nuovo Consiglio di Amministrazione e il nuovo Consiglio generale. E naturalmente ci ripromettiamo di contestare, sulla base, appunto, dei buoni propositi enunciati dall'on. Colombo, tutti quei fatti che dovessero prima o poi intervenire a dimostrare un'incapacità degli uomini che dirigono il Banco, o degli uomini di governo, a tradurre coerentemente in azione l'esigenza da essi stessi riconosciuta che il Banco sia al servizio e, diremmo, alla testa della politica meridionalista. È vero, d'altra parte, che « l'Unità » pone a nostro carico un altro rilievo: di aver dato prova di ingenuo ottimismo quando abbiamo commentato positivamente i cambiamenti intervenuti al vertice del Banco di Napoli; e questo perché il nostro commento presentava « il non trascurabile difetto di basarsi su di un discorso imperniato su dei nomi, più che su di una novità di indirizzi politici ed economici». Ma qui bisogna intendersi: l'esperienza della politica meridionalista ci insegna proprio che la questione dei « nomi » è cli fondamentale importanza e che si è avuto sempre il torto di sottovalutarla. Le varie « novità di indirizzi politici ed economici » che abbiamo visto susseguirsi dal 1950 in poi - e spesso si è trattato di buone « novità» - sono state sistematicamente svuotate proprio perché, a dirigere istituti nuovi che, ai fini dell'industrializzazione in particolare e dello sviluppo civile in generale, dovevano assolvere funzioni moderne, sono stati sempre designati uomini vecchi, che non potevano intendere e volere quelle novità. Si pensi alle vicende degli istituti di credito speciale per l'industrializzazione e a quelle dei consorzi per le aree di sviluppo industriale, tante volte da noi denunciate come testimonianze eloquenti di una politica velleitaria, perché impostata bene in sede centrale ed attuata male in sede periferica: attuata male perché si faceva solo questione di leggi, o di stanzian1enti, e non anche questione di « nomi ». Non ci nascondiamo, naturalmente, quante difficoltà e quali rischi si accompagnano ad ogni questione di «nomi». Ma. la politica meridionalista è oggi davanti a questa esigenza pregiudiziale: « nomi» nuovi per istituti vecchi e nuovi. E quindi - piaccia o non piaccia, e a noi per i primi non piace - dobbiamo porre proprio, ed in ogni caso, la questione dei « nomi»; 63 BibliotecaGino Bianco
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