Francesco Compagna Piuttosto, se si vogliono analizzare le varie p·arti del discorso di Colombo sul passato e sull'avvenire del Banco di Napoli, s_i potrebbe rilevare che la parte dedicata ad incensare l'on. Corbino ha rappresentato una specie di sottomissione residua, da parte del Ministro del Tesoro, alle regole di un'on1ertà che dovrebbe essere rotta una volta per sempre nei suoi più jntricati nodi: quell'omertà del « notabilato » meridionale che è stata sempre cementata dai riti nei quali gli uni si congratulano con gli altri, in n1odo da stendere una cortina fumogena di aggettivi enfatici intorno alle questioni che potrebbero dar luogo a giudizi negativi dell'opinione pubblica nei confronti dell'opera degli uni e degli altri. Ma si deve comunque e soprattutto rilevare che il « saluto » di Colombo a Corbino è stato di una calcolata sobrietà: « lo saluto quale mio predecessore al Ministero del Tesoro, quale membro di una famiglia che ha illustrato la cultura e la scienza del Mezzogiorno ed egli stesso economista e storico dell'economia che ha sempre unito, insieme alla profondità della dottrina, il fervore di un singolare impegno e le doti umane che tutti gli riconoscono ». Si saluta, cioè, l'ex-ministro, il fratello di Orso Corbino, l'autore degli « Annali», rnagari lo storico delle battaglie navali, non il presidente del Banco di Napoli che come tale abbia acquisito particolari benemerenze. Ed effettivamente il Ministro del Tesoro di un governo di centro-sinistra non avrebbe potuto bruciare un solo grano di incenso, sia pure a titolo di congedo, per chi ha in vario modo manifestato contro il governo di centro-sinistra una rabbiosa intenzione di seminare l'allarmismo, e non si e neanche reso conto che questo atteggiamento politico implicava il dovere delle dimissioni dalla presidenza del Banco: una presidenza che del resto l'on. Corbino ha accettata e tenuta senza darsi nessuna cura dell'esigenza di sintonizzare l'azione dell'Istituto con i fini della politica meridionalistar e in particolare di quell'industrializzazione alla quale, com'è noto, egli ha più volte dichiarato di non credere. Se « l'Unità» avesse rilevato questo aspetto del discorso di Colombo -- la calcolata sobrietà del « saluto» al presidente uscente - e lo avesse messo a confronto con i riti tradizionali dell'establishment napoletano, avrebbe potuto veramente divertirsi e avrebbe potuto effettivamente chiamare in causa antiche e recenti corresponsabilità dorotee nella decadenza del Banco di Napoli: dal recupero di Corbino dopo le elezioni del 1958 alla protezione di Segni che a quanto si è detto garantiva l'inamovibilità dello stesso Corbino dalla presidenza del Banco, fino alle varie infiltrazioni e fìdelités dei gruppi di potere tradizionali nelle strutture dell'istituto (un'ultima manifestazione delle quali sembra doversi ravvisare nella squallida rosa di nomi che la Camera di Commercio napoletana ha fornita per la rappresentanza della « capitale del Mezzogiorno» nel nuovo Consiglio generale del Banco). Ma « l'Unità», invece, ha frettolosamente e semplicistica1nente centrato il suo commento polemico sulla parte più interessante del discorso di Colombo, forzandone l'interpretazione e denunciando involuzioni che potrebbero verificarsi domani, ma che è prematuro denunciare da oggi, se non come pericolo da tener presente. 62 BibliotecaGino Bianco
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