Nord e Sud - anno XII - n. 65 - maggio 1965

Giornale a più voci rispettiva111ente a settecento e trecentocinquanta unità; la popolazione operaia supera il numero di 4600, mentre circa novemila sono le persone stabilmente occupate. I disoccupati sono oltre 6000 e costituiscono un « sodalizio » assai cospicuo. Gli indici di abitabilità sono impressionanti; le abitazioni vere e proprie sono 12.120; oltre trecentocinquanta famiglie alloggiano in dimore non idonee, mentre più di 1200 sono del tutto prive di casa o sono sisten1ate in ricoveri di fortuna. Le stanze dichiarate « abitabili » sono meno di 30 mila, una cifra che testimonia un indice di «coabitazione» (su 65 mila abitanti) assai rilevante. Il reddito pro-capite, secondo un calcolo approssimativo, non supera il livello annuale di 180 mila lire. Un aspetto a sé stante è costituito dalla crisi dell' « arte bianca»; una crisi che minaccia sistematicamente di allargare l'area della disoccupazione e che sembra destinata a compromettere la sopravvivenza di questa industria, anni addietro molto più sviluppata e florida. La maggior parte dei complessi esistenti ha dovuto subire delle pericolose battute d'arresto o degli inquietanti ridimensionamenti, con una conseguente sensibilissima riduzione di ore lavorative. Solo sei mulini (Gallo, Saempa, Foglia-Manzillo, Daunia, Gentile e Dati) hanno resistito, mentre dei 150 pastifici che erano in attività fino al '45, ne sono rimasti appena 29. Da questo quadro della consistenza industriale di Torre Annunziata scaturisce legittima una considerazione: le risorse locali, in un certo senso notevoli e consistenti, non bastano da sole a soddisfare le molteplici esigenze della popolazione. Sul tema della « prosperità », la lotta tra la DC e il PCI è stata se1npre frontale e violenta. Per scontrarsi più duramente, i due partiti di massa hanno ridotto i termini della lotta al solo problema economico locale, rinunciando a tutte le loro suggestioni politiche tradizionali; si è trattato di una competiz:ione realistica, condotta 31 di sopra degli schemi ideologici e dottrinari, che traeva impulso dalle esasperate condizioni ambientali. Dal dopoguerra al '56, l'attività amministrativa è stata un monologo comunista; ma questa esperienza ha finito col logorare notevolmente e col ridimensionare la capacità combattiva del PCI, sulle cui posizioni erano perfettamente allineati i socialisti. La DC tuttavia non si lasciò relegare aj margini; esercitò un'opposizione tenace, avvantaggiata dalla sua condizione di partito di governo. Ma soprattutto, attraverso scelte programmatiche ed alleanze nuove, i dirigenti locali mirarono a realizzare una « nuova frontiera» con l'apertura a sinistra. Le prospettive maturarono dopo le elezioni del '56, che fecero registrare ia prima flessione nel monolitico blocco comunista. Per la prima volt?, i socialisti condussero una campagna elettorale autonoma e per la prima volta la DC conquistò la maggioranza relativa con 13 seggi, mentre 11 andarono al PCI, 9 al PSI, 1 al PSDI, 5 ai monarchici di Lauro e 1 al MSI. Venne nuovamente ricostituita l'alleanza frontista, ma, per poter esprimere una Giunta maggioritaria, fu necessario richiedere l'apporto dell'unico consigliere socialdemocratico. Era questo il punto debole della coalizione e su di esso fece leva la DC per paralizzare, 1ns1en1e alle destre, l'amministra55 BibliotecaGino Bianco

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