Giornale a più voci io sarei disposto a spendere più di una parola in favore del diavolo, davanti agli onorevoli colleghi ». L'unità che si stabilì allora tra gli uomini era dunque cementata da un legame ben più significativo di quello che può costituire l'appartenenza a una stessa comunità nazionale, a una stessa classe sociale, a uno stesso movimento ideologico o politico. Ecco perché ci sembra che certi termini siano inadeguati a rispecchiare quanto allora accadde (si tratti dell'espressione « secondo Risorgi1nento », o « dolorosa 1na necessaria guerra civile», o « lotta per rinnovare le strutture politiche e sociali»). Se solamente si va al di là dei fini particolari che ciascuno dei combattenti della Resistenza si propose - si tratti della rottura con le vecchie strutture, o del semplice ritorno ad un regime parlamentare, o della cacciata del tradizionale nemico tedesco, o dell'obbedienza al giuramento prestato al re, o anche soltanto dello spirito di avventura, - t~ possibile riconoscere la natura identica della spinta più profonda, 1nagari più incon apevole, ma certo anche più irrefrenabile, che li mosse tutti: e che fu, appunto, un'esigenza di sopravvivenza morale. Questa esigenza accomunò allora gli uomini della Resistenza - anche attraverso le frontiere dei singoli paesi - molto più di quanto l'uguaglianza dell'uniforme, o il patto di alleanza stretto fra le nazioni in guerra, non abbia unito gli uomini che combatterono negli eserciti regolari: perché la lotta partigiana mosse da una scelta individuale, costituì un libero ed illuminato atto della volontà di ciascuno. Per questo stesso motivo è assurdo immaginare che quella « miracolosa » unità avrebbe potuto protrarsi al di là del tempo che la generò; le straordinarie din1en ioni del « miracolo» furono in misura delle straordinarie dimensioni del dramma, delle straordinarie dimensioni di quello che costituì un autentico attentato all'uomo. Scongiurata, grazie al sacrificio di tanti, quella minaccia, era natural che si riproponessero i vecchi e non risolti motivi di divisione di conflitto; ed era anche naturale - benché storicamente inesatto - che ciascuno attribuisse all'intero movimento della Resistenza quelle che furono soltanto le proprie particolari finalità. È questo, a nostro avviso, che bisognerebbe far capire ai giovani. Non esaltare la Resistenza, con parole che ai loro orecchi non possono non suonare vuote ed enfatiche; non farne il monopolio di un partito politico, e neppure di una classe sociale (quali che siano stati i contributi alla lotta che quel partito o quella classe diedero). Ai giovani bisognerebbe far intendere solamente questo: che, se oggi essi vivono da uomini, se non conoscono il terrore della bestia braccata, se non sanno cosa sia la p~ura che può derivare dal semplice fatto di essere nati, se possono permettersi il lusso dell'indifferenza per gli anni del secondo conflitto mondiale, se possono concedersi l'ignoranza di ciò che la Resistenza fu, essi lo debbono, anche - e forse soprattutto - alla Resistenza. Quando avranno capito questo, noi crediamo che avranno capito abbastanza. ROSELLINA BALBI 49 BibliotecaGino Bianco
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