Rosellina Balbi tradire il nome che porto, l'educazione che ho ricevuto e lo stesso concetto di libertà di cui si continua a parlare tanto ». Non diverso è l'atteggiamento del « Corriere della Sera», che accusa i comunisti di interpretare la Resistenza « in chiave di eversione». Quanto al « Mattino», più modestamente esso si accontenta di ravvisare nella Resistenza un grande moto nazionale « indipendentista e antitedesco ». Dov'è, dunque, la verità? Posto che i giovani vogliano rendersi conto del significato storico della Resistenza, con1e possono vederci chiaro? In un disegno pubblicato su « La Stan1pa », si raffigura un ex partigiano che, rivolgendosi ad un antico compagno di lotta, osserva: « Ricordi quei tempi fra questi monti? Eravan10 di opinione e di partiti diversi, ma si resisteva tutti uniti e solidali». A nostro avviso, questa è la chiave per dare un'interpretazione storicamente esatta di ciò che la Resistenza fu; e anche per glorificarla, non già come « n1onumento ufficiale », come pretesto per esaltazioni retoriche o - peggio ancora - per demagogiche tirate propagandistiche; bensì come uno di quei momenti felici che raran1ente si dànno nella storia dei popoli, anzi in quella degli uomini: felici malgrado la loro carica di tragedia; felici, anzi, proprio perché la tragedia si risolve in un lampo di luce per ]e coscienze, perché dissipa i dubbi e rende facili le scelte. È stato detto che l'umanità ritrova i suoi valori universali proprio nei momenti delle crisi supreme; la Resistenza (non soltanto italiana) rappresentò appunto la riscoperta di questi valori. È giusto, quindi, ciò che ha scritto sul « Giorno » Giorgio Bocca. Accettiamo pure, dice Bocca, la proposta con1unista di sottoporre a una rev1s1one critica la storia partigiana. Solo che, per i comunisti, la Resistenza fu essenzialmente una manifestazione della lotta di classe, la lotta degli operai e dei contadini; n1entre, conclude Bocca, pur senza, disconoscere il contributo generoso degli operai, la Resistenza fu un fatto grande proprio perché fu « composita, unita nelle divisioni ». In realtà, tutto lo schieramento che si oppose alla Germania nazista, sia come gruppo di nazioni, sia come gruppi combattenti all'interno dei paesi occupati, fu uno schieramento « composito, unito nelle divisioni». Sarebbe assurdo pretendere che gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, la Francia e la Cina, e così diecine di altri paesi, perseguissero i medesimi fini. Analogamente, nei movimenti clandestini di opposizione e di lotta contro il nazismo, si ritrovarono fianco a fianco uon1ini che erano animati da idealità diverse e magari opposte: n1onarchici e repubblicani, comunisti e liberali, sacerdoti, generali del Regio esercito, operai, contadini, studenti, professori. La verità è che la Resistenza, più che un fatto politico (e, certo, molto più che un fatt<? militare), fu un fatto morale. Da una parte, c'erano coloro che volevano mortificare l'uomo; dall'altra, tutti coloro che questa mortificazione non erano disposti ad accettare. È nota la battuta attribuita a Churchill: a chi gli chiedeva, dopo l'invasione tedesca della Russia, come la mettesse, con il suo vecchio e invincibile anticomunismo, il Prernier inglese avrebbe così risposto: « Dirò solo questo: che, se il signor Hitler invadesse l'inferno, 48 BibliotecaGino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==