Nord e Sud - anno XII - n. 65 - maggio 1965

Giornale a più voci Ci riferiamo, piuttosto, al diverso significato che alla Resistenza dànno coloro che intendono esaltarla e glorificarla, e che giungono a par]an~ di una « Resistenza tradita». Ma in che cosa con isterebbe il tradimento? L' « Unità » sostiene che « il distacco tra gli ideali della lotta di Liberazione e tutta l'odierna realtà» è ancora grandissimo: lo proverebbero « ciò che avviene nel mondo (l'attacco barbaro che gli an1ericani conducono contro il popolo de] Vietnam, ]a minaccia che tutta la loro politica fa pesare sulla pace) e ciò che accade in Italia (un'offensiva padronale e un'involuzione politica che mettono in causa conquiste fondamentali delle classi lavoratrici e le prospettive stesse di un'avanzata del nostro regime den1ocratico ». Onde sarebbe legittimo l'appello di Longo « perché l'Italia della Resistenza sia tutta, moralmente, politicamente e in tutte le forme concrete che i renderanno necessarie, con la Resistenza del popolo del Vietnam, nella lotta contro l'aggressione e contro la guerra». Anche l' « Avanti! » parla di « delusione » per il fatto che, a vent'anni di distanza dal « v nto del nord », restano tuttora aperti in Italia i problemi della riforma sociale e politica (benché lo stesso giornale non manchi di attribuirne, almeno in parte, la responsabilità alla politica di accomodamento che l'Unione Sovietica in quegli anni seguì e fece seguire anche al PCI); anche per l'« Avanti! », dunque, la Resistenza va considerata con1e « un movimento non olo militare n1a sopratutto politico»: nel senso che i partigiani di sinistra, « che erano i più», erano animati « non solo dal patriottismo generico di chi combatte per 'cacciare lo straniero dal sacro suolo della Patria', ma opratutto dalla volontà di rinnovare le strutture sociali e politiche del paese ». Libertà politica e giustizia sociale vengono riaffermati solennemente dalla Direzione socialista come i valori ideali della Resistenza: e nel loro nome, si dice, « riconfermiamo quest'impegno perché l'epoca nuova aperta dal 25 aprile sia quella della democrazia e del socialismo ». Per altri, invece, il significato della Resi tenza è tutt'altro. Così la « Nazione », pur non negando il grande contributo offerto dai comunisti alla lotta partigiana, contesta « l'assurda identificazione della Resistenza col comunismo», affermando che, « se alle cerimonie di questi giorni ci accostassimo con l'animo disposto a riconoscere ai comunisti la primogenitura ideale della lunga lotta italiana per la democrazia e per la libertà, accettandoli come interpreti genuini di quello che e stato chiamato il nostro secondo Risorgimento, la nostra odierna non sarebbe una celebrazione, sarebbe il tradimento della Resistenza ». Il « Tempo » arriva a scrivere che, se l'unità della Resistenza è andata perduta negli anni successivi al 1945, ciò si deve al fatto che « nella resistenza si era insinuato c·ome un cancro un elemento nemico, un elemento totalitario: il comunismo ». E lo stesso giornale contrappone all'interpretazione che il PCI dà della Resistenza, quella che trova la sua incarnazione nel generale Cadorna: lo stesso Cadorna che si è rifiutato di partecipare alle celebrazioni del 25 aprile per non fare « il propagandista del partito comunista». Pur stimando Luigi Longo, ha dichiarato infatti il generale, « se oggi tornassi al suo fianco, m1 sembrerebbe di 47 BibliotecaGino Bianco

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