Note della Redazione al 1nomento, non sa e non vuol sapere nulla: al che sarebbe interessante sapere che cosa si pretende che possano obiettare gli studenti, posto che questi siano, co1ne se li in1maginano le forze politiche che vogliono servirsene, sempre disposti a tutte le obbiezioni). Ma per le Facoltà giuridiche, mediche, di ingegneria e simili, dove la n-zassima parte dell'insegna111ento non è monografica, 1na istituzionale, veram.ente non è chiaro entro quali limiti potrebbero effettuare le loro scelte gli studenti ipotizzati dal disegno di legge. Abbiamo considerato soltanto le più vistose tra le novità in gestazione per l'Università italiana: e le abbiamo sottoposte a critica severa non per spirito di astratto esercizio del potere distruttivo dell'intelletto, ma perché ci sembra che esse m.ostrino, nella varietà delle loro pretese, l'assenza di un saldo punto di partenza. A nostro avviso, infatti, si sarebbe dovuto partire (e si è forse ancora in tempo per farlo) da un solo e saldissimo principio, al quale si sarebbero dovute adeguare e commisurare tutte le proposte particolari: quello che l'Università deve al massimo grado, e a tutti i livelli, assicurare autonomia e stato giuridico certo ai suoi n1embri. Si deve, cioè, colpire al cuore, innanzitutto, la concezione retorica e assolutistica del potere accentrato nelle mani del cattedratico. Si devono sanzionare la stabilità dell'incarico e la fine di ogni tùnore che l'incarico possa essere revocato per n1otivi che non siano relativi al rendimento scientifico e didattico, e anche questi chiaramente docunientabili. Si deve, insomn1a, eliminare lo status subjectionis dall'ambito della ricerca scientifica e soprattutto ridurre al 1ninimo, o, n1eglio, eliminare del tutto, col sistema delle chia;nate cui prima si accennava, l'annuale, enorme, perdita. di tempo e di energie a cui il corpo accademico si sottopone per la scelta dei futuri cattedratici, attraverso la pachidermica macchina dei concorsi. È evidente che con il sistema delle chiamate da parte delle Facoltà, una volta soppressi i concorsi, potranno aversi inconvenienti varii, e 1nagari qualche chiamata troppo sfacciata1nente nepotistica, scandalosa addirittura; 1na - a parte il fatto che i concorsi hanno dato e danno luogo di per sé a fenomeni nepotistici in un quadro di comportamenti che spesso risultano deplorevolmente corporativistici, di casta, da parte dei potentissin1i « baroni delle cattedre » - si avrebbe al,neno, con il sistema delle chiamate, il vantaggio di indebolire le strutture corporativistiche del siste,na attuale. Rimarrebbe, quindi, la preoccupazione delle degenerazioni nepotistiche; ma a più o meno breve scadenza si instaurerebbe - e si dovrebbe incoraggiare una spinta in questo senso - un'effettiva concorrenza tra le Facoltà per chia1nare nelle varie sedi universitarie i migliori per ogni disciplina. Infine, si rimedierebbe in questo modo a quello che ci sembra oggi il più serio scompenso della nostra vita universitaria: la crescente sporporzione tra il numero dei professori di ruolo e il numero degli incaricati: crescente perché troppo lentamente aumentano, per il sistema corporativistico dei concorsi, i primi_: e perché necessariamente a un ritmo sempre più alto aunzentano i secondi. È proprio la barriera fra professori di ruolo ecl incaricati che deve essere fatta saltare; e sono proprio le condizioni di una effettiva concorrenza tra le Facoltà per accaparrarsi i migliori docenti ed i 1nigliori scienziati (che non 44 BibliotecaGino Bianco
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