Nord e Sud - anno XII - n. 65 - maggio 1965

Marisa Càssola ad un'inversione dell'attuale rapporto di valori fra scuola privata e scuola di stato; e non è neppure escluso che la scuola privata possa, col tempo, organizzare degli istituti a carattere popolare, riducendo al minimo le tasse di iscrizione. Dalla situazione che verrebbe a crearsi risulterebbe, quindi, gravemente minacciata la libertà della cultura. Fortunatamente, il bilancio dei primi anni di esperienze della nuova Scuola Media, pur presentando taluni aspetti negativi, o semplicemente discutibili, non ci sembra così desolante come molta parte dell'opinione pubblica di orientamento conservatore vorrebbe sostenere, né tale da autorizzare tanto catastrofiche previsioni. Si vedrà, infatti, nel corso di queste pagine, che molte delle innovazioni portate dalla riforma potrebbero costituire, se interpretate con intelligenza e misura, dei validi strumenti di educazione per una scuola di massa. Ma prima di addentrarci nell'esame dei nuovi regolamenti e della loro applicazione, ci sembra necessario risalire indietro nel tempo e passare in rassegna le accuse che venivano rivolte alla scuola tradizionale sia dagli esperti che dall'opinione pubblica di orientamento conservatore. Le critiche più facili erano quelle mosse ai metodi d'insegnamento, spesso più informativi che formativi; e di tale errata impostazione venivano considerati soprattutto responsabili gli insegnanti, incapaci di adeguarsi al rinnovamento della società, ancora legati ai vecchi forn1alismi di tipo linguistico e grammaticale, ai criteri filologici e nozionistici della scuola storica e positivistica, e spesso ancorati ad una concezione ottocentesca e deamicisiana della scuola, volta ad alimentare la vieta retorica degli ideali di « patria, religione e famiglia »; dimodoché la scuola risultava un'isola avulsa dalla cultura autentica, dalla politica, dalla vita nel suo farsi quotidiano e, lungi dal costituire un valido strumento di educazione democratica, finiva coll'arroccarsi su posizioni agnostiche e conservatrici. Anche il criterio di selezione, che costituiva uno dei canoni fondamentali della vecchia scuola, era considerato antidemocratico e classista, perché, tramutandosi talvolta in uno strumento di discriminazione sociale, finiva coll'impedire, anziché favorire, l'accesso delle categorie meno abbienti alla cultura. A questo punto non si può fare a meno di rilevare, però, che la scuola del dopoguerra non poteva più veramente chiamarsi scuola di selezione, perché la graduale trasformazione della società e il conseguente aumento della popolazione scolastica avevano già indotto gli educatori ad allargare i loro criteri di giudizio, adattandoli ai livelli medi delle scolaresche; insomma, ancor prima della riforma, era in atto la trasformazione della scuola in scuola di n1assa, con tutte le conseguenze che il fenomeno con1porta. 26 BibliotecaGino Bianco

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