Nord e Sud - anno XII - n. 65 - maggio 1965

Considerazioni sul « dialogo » Stato, nell'amministrazione locale, nella soluzione dei problemi di fondo della nostra economia, nella riorganizzazione della convivenza civile, nella politica, nell'azione sindacale o cooperativistica: siamo nel profano. Questa si chiama politica, e la politica oggi la fanno i partiti: è al livello dei partiti, appunto, che il dialogo può essere una cosa seria. Non sono conciliabili con la prosperità e con il progresso una situazione politica ed un rapporto di forze che portano ad una radicalizzazione delle forze estreme. E ci esprimiamo così perché noi non attribuiamo che ben scarso valore alle oscillanti prosperità e depressioni di partiti che hanno nella realtà politica italiana quel valore limitato che si esprime nella media dei rispettivi consensi elettorali. La realtà italiana è don1inata da questo grosso incolmabile binomio. Democrazia cristiana con il suo 35 e più % di voti e Partito Comunista con il suo 26-30 % di voti. Siamo tra il 60 ed il 70 % del corpo elettorale: forze determinanti che si logorano, e riprendono, n1a che tendono alla cristallizzazione di una situazione che, se si verifica, immobilizzerebbe le possibilità vitali del nostro paese. Ecco perché si tratta di dialogo politico che si svolge a livello parlamentare e sindacale, e della azione delle masse e della cultura, come elemento di spiegazione della realtà e come ideale impulso per la formazione delle grandi correnti di progr s o del nostro paese. * * * Tutto il resto è contorno, tutto il resto è utile o dannoso, favorevole o sfavorevole, ma sfumatura, cornice, sfondo, ambiente. È per questo che noi abbiamo ascoltato stupefatti l'affermazione fatta in un recente incontro a Napoli da un oratore comunista, che così spiegava il dibattito: « abbiamo scoperto che, per intenderci, il cattolico deve diventare più cattolico ed il comunista più comunista ». Lasciamo stare la paradossale impostazione fondata tutta sul gioco del « più », e soffermiamoci per un attimo su quella che oggi rappresenta la realtà anche ideologica del momento. Essere più cattolico significa pensare in termini spinti di amore e di carità, vuol dire sostituire ad ogni non accettata legge ~ui « contrasti » la legge della fraternità, significa parlare in termini ecumenici e missionari. Essere più comunista potrebbe significare ad un certo momento parlare il linguaggio di Mao Tse Tung o quello dei ribelli del1'Angola, oppresso dalla cattolica terra di Salazar. Questa è - a nostro avviso - una sciocchezza. Mentre è tanto più semplice e più giusto restare nel linguaggio comprensibile e popolare 125 BibliotecaGino Bianco

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