Francesco Ottomano Intorno a tali questioni, si scontrano due tendenze, che episodi centrali come l'elezione presidenziale o questo ultimo del «rimpasto» rivelano commiste con altri elementi: l'una, rivolta alla maggiore efficienza dell'esecutivo; l'altra, preoccupata del pericolo ài una « saldatura di regime» al vertice: Capo dello Stato-governo, con una conseguente rottura dell'equilibrio legislativo-esecutivo. Si tratta di tendenze che passano all'interno degli stessi partiti di maggioranza e che sono interpretate con diverse angolature dalle opposizioni. L'opposizione fascista e quella del PSIUP contrappo·ngono all'evoluzione costituzionale in corso un rigido schema formalistico, a difesa di mitologiche prerogative parlamentari: Almirante e Luzzatto si danno la mano nell'elaborata ricerca dei «profili» di illegittimità nell'azione governativa; e l'on. Luzzatto giunge a teorizzare un diritto all'esame in senso formale per le proposte di legge di iniziativa parlamentare (concezione che, se potrebbe impedire, in qualche momento, l'« ostruzionismo di maggioranza», potrebbe anche costituire un serio ostacolo all'attuazione del programma legislativo del governo). L'opposizione comunista e (l'ultima) liberale ripropongono, invece, il più sottile concetto della « Costituzione contrattualistica », secondo la brillante definizione dell'on. Laconi: una Costituzione, cioè, « che impegna e obbliga all'accordo ». Se essa, infatti, « consente che una maggioranza, anche di stretta misura, ponga in essere un governo e approvi le leggi ordinarie, nei momenti cruciali della vita delle istituzioni, quando si tratta di modificare il regolamento delle Camere o di eleggere il presidente della Repubblica, impone delle maggioranze qualificate », e quindi « il metodo della trattativa, del negoziato, dell'organizzazione, del consenso» (Camera dep., seduta del 9 febbraio 1965). È evidentemente connessa a questa concezione una dichiarazione di disponibilità di gran, parte dell'opposizione per operazioni che incidano sulle strutture giuridiche pubbliche. In effetti, il problema della efficienza dello Stato si risolve sul duplice (e non inconciliabile: q4esto è il punto) terreno di una riqualificazione dell'esecutivo e di una nuova funzionalità del parlamento, nel cui quadro l'opposizione dovrà trovare un più preciso ruolo. Un parlamento che dismetta l'enorme mole di normazione sostanzialmente amministrativa, e si dedichi alle leggi-quadro e ai dibattiti di politica generale ed economica; un parlamento che rivalorizzi i suoi strumenti, a cominciare da quello peculiare delle Commissioni, ora avvilite in un intrigo senza fine di « leggine»; un parlamento che, da « macchina per far le leggi», si trasformi in un esperto controllore dell'azione esecutiva e dell'attività dei centri autonomi di potere economico: un tale parlamento costituirebbe la più .forte garanzia dell'ordinamento democratico, il miglior « contrappeso» a eccessi di potere dell'esecutivo ed anche il maggior sostegno dell'azione di governo. Quest'ultimo rilievo è molto più fondato di quanto comunemente non si creda: si guardi a quello che accade per il ministero delle partecipazioni statali, la cui maggior forza nei confronti degli enti di gestione è oggi costituita dall'appoggio che ottiene nelle Camere, da maggioranza e opposi46 BibJiotecaGino Bianco
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