Nord e Sud - anno XII - n. 64 - aprile 1965

L'investiniento nel futuro quale accennavamo più sopra, ne costituisce, ad esempio, una indispensabile componente. Si pensi soltanto che, attualmente, i ricercatori italiani (lo ha dichiarato il Ministro Amaudi) sono la quinta parte di quelli francesi, e addirittura la ventesima di quelli britannici: il cui numero, peraltro, sarebbe insufficiente - a giudizio del Primo Ministro Wilson - alle necessità dell'Inghilterra. E lo stesso Wilson attribuisce questo squilibrio ai « difetti cronici » del sistema didattico inglese. Che cosa dovremmo dire, allora, del nostro? Agli umanisti si prospetta, dunque, il compito di « guidare » il rinnovamento della scuola italiana, facendo in modo che il paese possa contare (come è necessario che conti, se non vuole restare paralizzato) su un numero sempre crescente - e su un livello qualitativo sempre più alto - di ricercatori, senza che ciò comporti il sacrificio di quelle istanze culturali, in senso ampio, che sono per noi irrinunciabili. Solo che, per poterlo fare, non basta affermare certi principi, ma bisogna credere in essi e soprattutto bisogna battersi per la loro salvaguardia. Nel momento in cui l'Italia, sulla scia di tutti i paesi di civiltà moderna, sta per dare finalmente avvìo a una « politica scientifica », è necessario che la mobilitazione tecnologica sia accompagnata dalla mobilitazione di tutta la cultura. E questo non può avvenire, crediamo, se non si intende - una volta per sempre - che la destinazione, « umana » o « disumana », della scienza, dipende, in ultima analisi, solamente dagli uomini. ROSELLINA BALBI 19 BibliotecaGino Bianco

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