Nord e Sud - anno XII - n. 64 - aprile 1965

. L'investimento nel futuro Non si è detta, dunque, una cosa inesatta, quando si è paragonato il lavoro del ricercatore moderno a quello che viene svolto nei sistemi a catena dell'industria. Ciò spiega perché, in effetti, è raro che lo scienziato possa pervenire ad una prospettiva che non sia frammentaria: la sua funzione è di far parte di una istituzione collettiva. Perciò, da un lato, lo scienziato non comprende il disagio, anzi « la disperazione » nella quale versano gli umanisti; e, dall'altro lato, gli umanisti temono che la specializzazione possa trasferirsi dal campo delle scienze naturali al campo delle scienze cosiddette umane, impedendo una visione gene~ rale e coerente, e spingendo l'uomo verso quello che è stato definito da qualcuno come uno « stato crepuscolare ». È in questa luce che acquistano un particolare significato le accuse di disimpegno e di ambiguità - o, se si vuole, di incoerenza e di dissociazione - che vengono sovente mosse agli uomini di scienza. Si fa rilevare come uno scienziato, il quale lavora quotidianamente intorno ai problemi più intricati e sottili, possa poi, una volta fuori dal suo studio o dal suo laboratorio, comportarsi in maniera irrazionale, e manifestare - quando, per esempio, gli tocca prendere posizione in campo politico - una specie di cecità intellettuale. Lo scienziato sarebbe, dunque, un cattivo politico; e lo sarebbe proprio per la sua affermata « neutralità » nei confronti della politica (con tutto il bagaglio di disprezzo verso i politici - e verso i letterati - che è una caratteristica costante dei cosiddetti « apolitici »). Certo, le generalizzazioni sono sempre pericolose; e se vi sono scienziati che si sono lasciati strumentalizzare per fini disumani dal potere politico, si possono anche citare filosofi e letterati che a quegli stessi regimi hanno fornito armi ideologiche e propagandistiche (senza potere accampare l'attenuante della « cecità » di cui si faceva cenno or ora). Tuttavia non si può 11egare che gli scienziati corrano il rischio, per così dire, professionale, di vedere restringersi il proprio orizzonte: « lo scienziato, come un cavallo in corsa, si è lasciato mettere il paraocchi alle tempie per vedere soltanto ciò che ha davanti al suo naso ». Che cosa avverrebbe, du11que, se l'« atomismo» che ha frantumato la ricerca scientifica si trasferisse all'intero campo della cultura? Chiusa nel recinto della sua specializzazione, ogni branca della scienza si limita a raggranellare un piccolo numero di fenomeni « e s'ostina a negare che al di fuori, di fianco, al di sotto e al di sopra di essi, vi sia alcuna realtà». Sono parole scritte quarant'anni dr sono da un umanista, Ramon Perez de Ayala; e Vittorio Fagone, che le ricorda, così conclude: « L'al di fuori, di fianco, di sotto, di sopra, appartiene alla realtà di 17 BibliotecaGino Bianco '

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