Rosellina Balbi tra la concezione della verità come di qualche cosa che è, e la verità come di qualcosa che diviene, sta il maggiore ostacolo alla comunicazione fra scienza e spirito umanistico. In senso più vago e generale, l'umanista domanda: 'Come si è fatta strada questa verità?', mentre lo scienziato domanda: ' Dove andiamo di qui?' » 6 • Subito dopo, Jones si affretta a riconoscere che la sua è una generalizzazione che pecca di semplicismo, ricordando come le verità della geologia siano « coinvolte nel tempo e nella storia », mentre le verità di certa critica letteraria « sono così freneticamente aggiornate da rendere inutile anche la più elementare conoscenza storica » (sul che non possiamo non essere d'accordo). Potremmo aggiungere che mai, come oggi, la scienza si è volta con tanto interesse al passato: sono in corso ricerche che riguardano addirittura la creazione della terra, ossia risalgono fino a circa sette miliardi di anni or sono. È chiaro, tuttavia, come ciò che conta non sia la collocazione nel tempo dell'oggetto della ricerca, bensì quanto il ricercatore si promette di ricavare da essa. Potremmo dire che, in fondo, lo scienziato si ripromette sempre di strumentalizzare (e sia pure nel miglior senso del termine) il proprio lavoro; anche quando si tratta di ricerca « pura », questa vuol essere sempre un contributo a,d una più vasta impresa, diretta a conseguire ben precisi obiettivi. Lo scienziato sente, in altri termini, di far parte di una «cordata»; l'umanista nutre (e talora coltiva con compiacimento) la sensazione di essere un solitario. Lo scienziato ha quella che Argan chiama una « vocazione missionaria», mentr~, secondo l'espressione dello stesso Argan, « la cultura umanistica ignora la carità ». Questa differenza di « prospettiva» può intendersi anche meglio, quando si vada a rileggere ciò che scriveva un matematico inglese del secolo scorso, William K. Clifford: « Ricordate, allora, che il pensiero scientifico è la guida dell'azione; che la verità a cui giunge non è quella che possiamo idealmente contemplare senza errore, ma quella in base alla quale possiamo ·operare senza paura ». La scienza viene dunque concepita come azione; e, come rileva in proposito Bronowski, « l'azione guarda in avanti, si distingue dalla contemplazione perché guarda verso il futuro » 7• Se ciò era vero nell'Ottocento, figurarsi oggi, quando ogni invenzione scientifica trova immediata applicazione pratica. Scrive Max Born: « noi non troviamo pilastrini ai crocicchi, ma le nostre pattuglie avanzate li costruiscono per aiutare gli altri » 8 • 6 Cfr. Scienza e cultura oggi, cit. 7 JACOB BRONOWSKI, Il senso comune della scienza, Ed. Comunità, 1961. 8 MAXBoRN, Filosofia naturale della causalità e del caso, Boringhieri, 1962; cit. in BRUNETTI, op. cit. 16 BibliotecaGino Bianco
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