Nord e Sud - anno XII - n. 64 - aprile 1965

• Rosellina Balbi za, specie nel nostro paese, è così viva. Si dirà che, di questi problemi, debbono interessarsi i politici. Ma i politici sono pu·r sempre l'espressione di una determinata cultura. Perciò, anche a voler tenere conto unicamente dell'aspetto « operativo » di certe discussioni, non è possibile, ci sembra, ignorarle; e sia pure per auspicarne il superamento. Qual'è, dunque, la radice prima di certi atteggiamenti di rifiuto, nei confronti di un mondo dominato dalla scienza? A ben guardare, sono stati gli stessi scienziati ad alimentare dubbi e scetticismi sulla « verità oggettiva » del pensiero scientifico. Il tempo delle gloriose certezze è tramontato: la teoria della relatività e la teoria quantistica hanno distrutto brutalmente quella che fu definita la « religione cosmica ». Proprio nel momento in cui il suo mito trionfa e si espande, la scienza si è fatta umile: essa è consapevole ·di poterci offrire, tutt'al più, un sistema di previsioni approssimative; le sue leggi sono soltanto le leggi della probabilità. E la probabilità, per chi muove alla ricerca di universali certezze, « ha un suono senza speranza ». Ma non è questo, crediamo, ad avere scavato l'abisso tra le due « culture ». Al contrario, il fatto che, nella scienza, alla « ansia di certezza » sia subentrata « l'ansia di conoscere » ( che, cioè, sia tramontata la concezione della scienza come depositaria di verità assolute, basata su una visione meccanicamente deter1ninistica) ha fatto cadere la necessità - tanto giustamente avvertita, per esempio, dall'idealismo storicistico - di « innalzare una cintura di protezione contro -una visione della realtà che negava ogni iniziativa critica all'uomo, e conseguentemente ogni interpretazione dinamica dei fatti » 5 • Se un conflitto c'è, questo, più che riguardare la questione dell'autonomia della scienza dalla filosofia, riguarda il pragmatismo tecnologico e il pericolo che esso si proponga come esclusivo modello culturale (e in tal modo, come osservava Girolamo Cotroneo su queste stesse colonne, si ripristinerebbe, capovolgendone la disposizione, il vecchio conflitto tra arti liberali e arti meccaniche). E qui, ci perdonino i lettori, no•n possiamo non tirare in causa Charles P. Snow. È certo che, nel dare alle stampe il testo della conferenza da lui tenuta a Cambridge nel 1959, .Snow non immaginava neppure lontanamen~e le ripercussioni, su scala mondiale, che quella pubblicazione avrebbe provocate. E invece, come egli stesso racconta, « non passò un anno, che cominciai a sentirmi nella scomoda posizione di un apprendista stregone »; quantunque già altri, prima di lui, avessero trattato 5 FRANz BRUNETTI, Ricerca scientifica e dimensione storica, Ed. Barbèra, 1964. 14 BibJiotecaGino Bianco

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