Nord e Sud - anno XII - n. 64 - aprile 1965

Recensioni opere maggiori del Palmieri in una vivace traduzione, integrata da utili note. Non si vuole, quindi, riscoprire una fonte storica, ma piuttosto divulgare le pagine di un uomo che osservò con occhio attento l'ambiente in cui si trovava a vivere e ne mise spregiudicatamente in evidenza luci ed ombre. Gioviale, galante, buontempone, assiduo frequentatore della corte e della migliore società siciliana e napoletana, il Palmieri fu a conoscenza di fatti pubblici e privati, importanti o banali, che riferì con abbondanza di particolari spesso piccanti, citando i nomi dei protagonisti o facendoli capire con allusioni molto trasparenti. Dal pettegolezzo non sono risparmiati i personaggi reali: Ferdinando I, superficiale, egoista, dedito alla caccia ed ai facili amori, tollerante delle infedeltà di Maria Carolina e pronto a chiudere un occhio anche sul passato non certo esemplare della duchessa di Floridia; Francesco I, fedele alla moglie, ma piuttosto mal corrisposto da lei ed invitato dal padre ad una maggiore acquiescenza; regine e principesse frivole, che non hanno ritegno a manifestare anche in pubblico le loro simpatie. Del resto l'amore ha larga parte nelle memorie del Palmieri, che rievoca con nostalgia le molte donne da lui corteggiate: per le belle dame ~gli ha sfidato le ire dei mariti gelosi ed anche pericoli, qualche volta è stato costretto a ricorrere a sotterfugi ridicoli, ma nella vecchiaia non si pente dei suoi trascorsi perché, come afferma, « senza la donna non varrebbe la pena di vivere». A Napoli in particolare tutto spinge all'amore ed alla gioia di vivere, secondo le convinzioni del nostro autore, che perciò consiglia una permanenza nella città come cura salutare per le persone che non sentono attaccamento alla vita. Alle avventure galanti si intrecciano altri interessanti ricordi, duelli, feste, burle, viaggi, ed avanzano sulla scena molti personaggi felicemente presentati, dal principe di Butera, gran signore siciliano, generoso anche con chi profitta della sua ospitalità, al borghese De Salvo, roso dall'ambizione di diventare nobile, dall'ammiraglio Nelson, sempre pronto ad appagare i capricci di lady Hamilton, pazza per il gioco e per i gioielli, al principe di Ruoti, vestito in maniera ridicola, dai lazzaroni napoletani ai brigaijti. Ma il Palmieri, come abbiamo detto, è un acuto osservatore e non si limita a raccontare pettegolezzi. Anche se tiene a dichiarare di non volere scrivere un'opera organica (né lo potrebbe, perché, pur simpatizzando per le correnti liberali, non ha idee politiche molto precise, né ha attitudine alla 1neditazione ed alla ricerca storica), gli stessi aneddoti riguardanti illustri personaggi lo inducono a commenti morali e politici, che finiscono col formare un giudizio complessivo sui sovrani borbonici_ ed i loro metodi di governo. Delle condizioni politiche, economiche e sociali del paese, il Palmieri parla solo incidentalmente. In verità mett~ in evidenza l'arretratezza della cultura e dei metodi di educazione nella Sicilia della fine del Settecento, stigmatizza l'eccessiva ricchezza del clero, condanna la nobiltà siciliana, che, mentre sacrifica i cadetti per manten•ere intatto il patrimonio, sperpera ingenti ricchezze per ostentazione di magnificenza. Lo scrittore testimonia 123 Biblioteca Gino Bianco

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