Vittor Ivo Co1'nparato giare la situazione, in attesa che i primi freddi .recassero una naturale contrazione del feno•meno. Il Molfese fa notare quanta parte ebbe nella politica (e nella sostituzione) del Cialdini l'apertura, sia pure strumentale, verso i democratici: ad ogni modo, se il La Marmora abbandonò ogni idea di collaborazione, seguì pienamente la tecnica militare del suo predecessore, conseguendo un indubbio successo nella campagna autunnale del 1861, dove fu stroncato il tentativo borbonico di dare al moto una direzione unitaria. La sconfitta di José Borjes, alleato con il più prestigioso capo brigantesco del momento, Croceo, se segnava la fine del cosiddetto « brigantaggio politico », non era però la fine della rivolta contadina, nella quale ormai prevalevano i motivi di carattere sociale. Sul fatto che la base del brigantaggio fosse costituita dai salariati agricoli, la documentazione del Molfese è completa e probante: furono essi ad imprimere alla lotta un asp·etto anarchico e feroce, raramente indirizzato alla conquista della terra. « Questa incapacità dei salariati-briganti», afferma acutamente l'Autore, « di dirigere azioni contadine indirizzate fondamentalmente a11a conquista della piccola proprietà individuale o, quantomeno, di una più equa e stabile partecipazione ai frutti della terra, era determinata dalla loro secolare mancanza di qualsiasi proprietà (mancanza fatta in parte di privazione e in parte di comunanza), che li rendeva incapaci di concep.ire i modi, e, in certi casi, addirittura l'aspirazione ad una conquista del genere» {p. 145). Fu quindi una lotta fatalistica, disperata, distruttiva: il « cafone» divenuto brigante non arretra dinanzi ad alcun pericolo e non teme la morte, che mette nel conto di un·a esistenza che sarebbe stata comunque miserabile e precaria. Nonostante gli episodi di connivenza delle medie strutture contadine con il brigantaggio, si può concludere in linea di massima col .Molfese che « il brigantaggio post-unitario va visto come una particolare forma delle indifferenziate ' rivolte contadine' co1 ntro l'oppressione economico-sociale della borghesia agraria » (ivi), purché si tenga conto della complessità dei suoi motivi e delle sue conseguenze. Alla nuova, vastissima ripresa del brigantaggio nella primavera-estate del 1862, la repressione poté valersi dello stato d'assedio, che la fallita impresa garibaldina verso Roma dette l'occasione di dichiarare e di prorogare sino alla fine dell'anno. E lo stato d'assedio, nel libro del Molfese, diviene un nuovo episodio della « partita a tre» che il governo moderato giocava nel Mezzogiorno contro l'opposizione democratica e reazionario-contadina, tale da suggerire all'Autore l'impressione di una « larvata dittatura moderata », a carattere politico-militare. In realtà, pressato dalla questione meridionale, il governo si andava orientando sempre più verso la soluzione autoritaria e centralizzatrice. L'indagine sugli echi parlamentari del brigantaggio e della situazione meridionale rappresenta una parte notevole, quanto ad ampiezza e risultati, nell'economia del libro. In diverse occasioni la minoranza aveva cercato di rompere la cortina ·di silenzio che circondava il brigantaggio e di imporre una inchiesta parlamentare su di esso, n1a solo quando il governo Rattazzi, a 120 Biblioteca Gino Bianco
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