Nord e Sud - anno XII - n. 64 - aprile 1965

Rosellina Balbi nostro, ci ripromettiamo di tornarvi sopra al più presto, tentando di avviare un discorso che sia sufficientemente articolato, anche in rap- - porto alle esperienze di altri paesi. Per il momento, ci sembra interessante soffer1narci sul clima « psicologico » nel quale si dà avvio a questa operazione di rilancio (o, se si preferisce, di modesto lancio) della ricerca scientifica in Italia. A qualcuno, forse, questo potrà sembrare un aspetto marginale del problema. Pure, è innegabile che certe scelte possono tradursi in realtà vive ed operanti nella misura in cui vengono accettate e fatte proprie dall'intera comunità: non è quindi inutile, riteniamo, chiedersi se esista, nel nostro paese, quella che si definisce « coscienza scientifica ». Per quanto riguarda la classe economica, la risposta non può essere che affermativa. Le maggiori industrie italiane - sia pure perseguendo fini di natura particolare, e quindi entro limiti ben precisi - investono già da tempo, infatti, cifre considerevoli negli studi di ricerca applicata (arrivando a spendere, talvolta, fino al 4% del proprio fatturato annuo). È probabile che il professor Giulio Natta non sarebbe riuscito, a completare i propri studi sulle macromolecole (e ad ottenere, di conseguenza, il Premio Nobel), se non avesse potuto contare sul sostegno della Montecatini: « Durante un anno delle mie ricerche » rivelò lo stesso professor Natta ad Alberto Cavallari « io ebbi tre milioni dall'università e quattrocento dall'industria privata » 2 • E se, come da più parti viene suggerito, si disponessero esenzioni fiscali per il capitale impiegato nella ricerca - seguendo in ciò l'esempio degli Stati Uniti d'America - non v'è , dubbio che l'industria privata accentuerebbe vigorosamente il suo sforzo in questa direzione (tranne che nel settore degli studi farmacologici, dove la vigente legislazione, non prevedendo brevetti, finisce per annullare qualsiasi stimolo alla ricerca : ed anche questo è un discorso che, un giorno o l'altro, bisognerà pure decidersi a fare). Anche al livello della classe politica l'importanza della ricerca scientifica comincia ad essere avvertita in tutto il suo peso: nel senso che si va facendo strada la consapevolezza che i gravi problemi da affrontare - dal nostro paese così come dall'intera comunità umana - potranno essere risolti solamente grazie agli strumenti che la scienza e la tecnica sono in grado di offrire; e che, viceversa, questi stessi strumenti possono determinare effetti catastrofici, se non vengono convenientemente controllati. Sono cose, queste, che nessun politico può permettersi di ignorare. Basti pensare alle spaventose proporzioni che. potrebbe assumere la disoccupazione, una volta portata a termine la rivoluzione dell'automazione: Wilson ha scritto che, secondo taluni calcoli, « per con2 ALBERTO CAVALLARI, L'Europa intelligente, Rizzoli, 1963. 10 BibliotecaGino Bianco

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