Nord e Sud - anno XII - n. 64 - aprile 1965

Recensioni giorno ha inciso negativamente sulla stessa struttura capitalistico-industriale italiana, ma questo è un fenomeno i cui contorni cominciano ad avere un rilievo apprezzabile in un periodo successivo, e cioè all'incirca dal 1896 al 1908, come lo stesso Villari ammette. Ma a quella data l'industria italiana aveva superato o stava per superare il ' nero decennio ' 1888-1898, decennio di crisi economica e politica, in cui il paese pagò « tutto quanto di abborracciato, di torbido, di arrischiato, di teso al l,imite delle possibilità del filo, accompagnava il tentativo di stimolare la crescita dell'economia e della società» (Cafagna, Il Nord nella storia d'Italia, Bari, 62, pag. 293). E questa, pur nella negatività del processo globalmente considerato, fu la prova più chiara che la struttura capitalistica italiana si era ormai affermata su basi sufficientemente solide, dove aveva potuto e come meglio aveva saputo. Nessuno, infatti, ha mai sostenuto che il processo capitalistico italiano si sia attuato nel modo migliore possibile, secondo il modello « classico » dello sviluppo capitalistico, e che non si possa parlare di una « variante » italiana, così come, ad esempio, si è parlato di una « variante» russa (Gerschenkron, Le ricerche di R. Romeo e l'accumulazione primitiva del capitale, « Rivista Storica Italiana », 1959, IV, ora anche in Caracciolo, cit.). Nessuno, poi, ha preteso di sostenere che la politica, con cui la classe dirigente liberale dette un'industria al paese, sia stata l'ottima delle politiche possibili, ma si è voluto soltanto descrivere quale fu realmente il processo d'industrializzazione del paese e le origini di esso. Villari, pertanto, sposta i termini del discorso: egli mette in evidenza il ruolo negativo che la mancata trasformazione agraria ebbe per lo sviluppo ed il potenziamento dell'industria italiana, ma dimentica del tutto di rilevare il ruolo positivo (cioè come unico modo possibile) che quella mancata trasformazione ebbe per la nascita di questa industria (che è poi la tesi centrale di Romeo). In altri termini Villari, seguendo il Gerschenkron, pone il periodo critico della 'rivoluzione industriale' italiana tra il 1896 ed il 1907, ma omette l'analisi del periodo precedente in cui si svolge « un processo di rinnovamento della struttura economica, nella quale vecchi modi di produzione vengono scomparendo e vengono sostituiti da nuovi, appaion.o nuove relazioni di mercato, si generalizzano processi economici piu moderni, si crea una rete d'infrastrutture » (dibattito Romeo-Gerschenkron, cit); si vanno, in altre parole, creando le condizioni preliminari all'industrializzazione. La tesi di Romeo, quindi, pur con i difetti di schematicità e di rigidezza che ha creduto di trovarvi il Gerschenkron, contiene dal punto di vista storico una profonda verità che le affermazioni di Villari non smuovono minimamente. L'altra parte del volume di Villari comprende altri quattro saggi sul gruppo della « Rassegna Settimanale», sull'« aspetto siciliano» della questione meridionale, sulla polemica antiriformista di A. Labriola ed infine sul meridionalismo di G. Salvemin•i. Ad eccezione dell'ultimo, gli altri saggi sono forse i più validi della rac115 BibiotecaGino Bianco

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