Recensioni organici'; dovrebbe chiarire il significato di quanto gli è qui capitato di . scrivere. Se questo è il limite fondamentale dell'opera di Villari, è, tuttavia, altrettanto vero che Villari cerca nel suo volume di confutare, su di un piano strettamente storiografico, sia la tesi di Romeo sull'accumulazione capitalistica italiana, e l'importanza che ebbe per essa la depressione della struttura agraria, e sia i rilievi mossigli da Compagna su questa rivista (Epigoni del meridionalismo, in « Nord e Sud », aprile 1962). Vediamo anzitutto il tentativo di Villari di confutare la tesi di Romeo nel primo dei suoi scritti, raccolti nel volume che andiamo recensendo, dal titolo « Liberalismo e squilibrio economico italiano ». La tesi di Romeo sull'accumulazione capitalistica italiana è notissima; non possiamo, tuttavia, per ovvi motivi, esimerci dal farne un fuggevole e rapido cenno. Il Romeo, partito da uno studio sulla storiografia marxista italiana postfascista, si trovò di fronte alla tesi di Gramsci sul Risorgimento come « rivoluzione agraria m,ancata ». Il Gramsci, cioè, considerando il Risorgimento e la Rivoluzione francese come due rivoluzioni «borghesi», sosteneva che il primo, a differenza della seconda, era fallito sul piano rivoluzionario in quanto il Partito d'Azione, a cui Gramsci affidava lo stesso ruolo che ebbero i giacobini francesi, non aveva saputo attuare la riforma agraria, onde la sostanziale debolezza della borghesia italiana, derivante dalla scarsa base sociale su cui essa poggiava. Questa tesi, ampiamente anche se non totalmente accettata dalla storiografia marxista e gramsciana, fu contestata da Rosario Romeo, che si servì al riguardo di un concetto dello stesso Marx, quello, cioè, di « accumulazione primitiva del capitale», anche se Romeo non pensava di adoperarlo nell'originario significato marxiano (Romeo, Risorgimento e capitalismo, cit.; ora anche in Romeo-Gerschenkron, Dibattito sullo sviluppo capitalistico in Italia, in « Nord e Sud», novembre 61). Il Romeo, cioè, ricercando le origini dello sviluppo industriale italiano, le scorgeva all'incirca nel primo ventenn.io post-unitario, che vide il governo dar vita ad una intensa politica infrastrutturale, di costruzione, quindi, di ferrovie, strade, canali, ponti, etc., condizioni indispensabili per il sorgere di qualsiasi struttura industriale. Questa accumulazione di capitali, necessaria per tali investimenti, fu dovuta sia al capitale estero e sia in gran parte al capitale proveniente dall'agricoltura, che proprio in quegli anni avev•a fatto registrare un notevole incremento, incremento che, invece di andare a vantaggio dei ceti rurali, fu ad essi sottratto e destinato a quelle necessarie opere infrastrutturali, senza le quali non poteva sorgere l'industria italiana. Ora, ed è questo il punto che Romeo contesta al Gramsci, se il Risorgimento avesse comportato una riforma agraria, e quindi la sostanziale liberazione dei ceti rurali, non sarebbe stata possibile quella sottrazione di capitali all'agricoltura e quindi non si sarebbe potuta avere quell'accumulazione capitalistica che, secondo l'intuizione marxiana, è necessaria per la nascita di un sistema produttivo capitalistico di tipo industriale. Era chiaro che Romeo si asteneva dal giudi113 Biblioteca Gino Bianco
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