Bruno Lauretano la espressione di una Weltanschauung di massa. Caduti i vecchi valori, afflosciati gli antichi ideali, esso esprime un mondo dalle ·rapide « dissolvenze », il mondo eracliteo della metamorfosi e del divenire. Come osserva Morin, « l'individuo che si va sradicando dal passato e che non investe nulla al di là della propria vita, potrebbe riconoscere negli eroi cinematografici l'imn:iagine esaltata della propria condizione: eroi senza passato, senza futuro oltre Io happy end ». Il cinema forse è la espressione più tipica di quel « mondo della fuga » che è stato profondamente scandagliato nelle sue vocazioni più crudeli da M. Picard (Die Flitcht vor Gott; tr. it., Milano, Edizioni di Comunità, 1948), il quale conclude la sua analisi dell' « arte nel n1ondo della fuga» con questa clausola incisiva: « nell'arte e nella letteratura della fuga le cose sono svisate, diminuite, gualcite, distrutte ». Il cine1na rappresenta forse una condizione ancora più instabile di quella del « mondo della fuga»: esso è l'immagine evanescente del mondo del const1mo, di un mondo in perenne erosione, che affida la sua validità, non alla stabilità dell'opera conclusa, ma al consenso dei fruitori e dei consumatori. Il pubblico, simile in questo al padre Saturno, distrugge e divora i prodotti del cinema di consumo, divora i suoi idoli (i « divi»). Questo è l'epilogo squallido e insieme ameno della nostra civiltà dei consumi: il «divo» è sostanzialmente un'immagine umana degradata al grado estremo, perché ridotta ad oggetto di consumo. La decadenza dei « divi» non è solo una legge spietata dell'Olimpo cinematografico, che risponde ad una legge più generale che è l'invecchiamento. Il « divo » decade non per invecchiamento, ma per usura, per consun10: semplicemente perché il pubblico lo ha usato come be11e di consumo. BRUNO LAURETANO 64 BibliotecaGino Bianco
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