Nord e Sud - anno XII - n. 63 - marzo 1965

Giornale a più voci D'altronde, le due caratteristiche sopra accennate si condizionano forse a vicenda, nel senso che l'impostazione politica così netta è consentita anche dalla mancanza di preoccupazioni di equilibrio interno, mentre si comprende perfettamente perché un partito il quale, come la D.C., per le sue dimensioni e la sua composizione, recepisce ogni cosa con ritardo e con notevoli deformazioni, abbia spesso acc11sato i propri giovani di massimalismo, considerando le loro esigenze politiche come un discorso astratto. Questo stato di cose è dovuto anche al fatto fondamentale che il Movimento Giovanile D.C. non rappresenta che una parte, e non la maggiore, dei giovani cattolici italiani che, sul piano politico, gravitano intorno al partito di maggioranza. La stessa classe dirigente che, attraverso la D.C., giunge al potere, proviene raramente da esperienze giovanili di partito, avendo trovato il più delle volte il proprio clima formativo nelle organizzazioni cattoliche più condizionate dalla gerarchia ecclesiastica. Ma questi elementi, che po,ssono essere oggettivamente considerati negativi, avrebbero potuto diventare positivi, offrendo ai giovani democristiani la possibilità di articolare seriamente la traccia politica sulla quale il movimento cattolico dovrà muoversi nei prossimi anni, e quindi di misurare i problemi coi quali esso si dovrà confrontare senza preoccuparsi della immediata recezione di tutto ciò da parte del partito. Ciò facendo, si sarebbe potuto cadere nell'errore di fare dei Gruppi Giovanili D.C. una sorta di centro-studi, avulso dalla realtà periferica e della base: ma in ciò, appunto, avrebbe dovuto consistere la capacità dei giovani democristiani, nel trasportare, cioè, quella tematica (e le soluzioni che ne sarebbero scaturite) a tutti i livelli, avvalendosi di tutte le possibilità che il mondo cattolico offre con la sua complessa organizzazione. Era questo, a nostro avviso, il solo modo di trarre a proprio vantaggio una situazione di inferiorità e di rappresentare così per l'avvenire un punto di riferimento obbligato per il dialogo tra il movimento cattolico e tutta la società italiana. Su questa strada, tra incertezze e difficoltà, si era forse sostanzialmente posto Benadusi quando assunse la guida del movimento giovanile democristiano; ma non sembra del tutto chiaro se la scelta di questo indirizzo sia stata confermata dalla nuova dirigenza scaturita all'XI Co11vegno e che si raccoglie attorno al nome di Attolini. Le apparenze sembrerebbero indicare il contrario; che, cioè, sia prevalso l'orientamento di subordinare il discorso politico alle esigenze unitarie, concentrando gli sforzi sul potenziamento organizzato dal movimento. E certq ha contribuito all'affermarsi di questa tendenza (non ancora chiaramente espressa, peraltro) il fallimento sostanziale della gestione di Benadusi, il quale non è riuscito a far giungere fino alla base i motivi della posizione politica che egli aveva articolato al vertice nei confronti dell'esperienza di centro-sinistra. Lo stesso Benadusi, per di più, ha contribuito, alla vigilia del Congresso di Roma della D.C., a determinare una frattura all'interno del movimento giovanile, tra « fanfaniani » e « Forze Nuove», facendo così venir 51 BibliotecaGino Bianco

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