Augusto Graziani nare i piani di investimento; ma se l'imprenditore non ha piani di investimento perché il mercato non offre pro1spettive di profitto, egli non si metterà ad investire solo perché il sistema bancario si offre di fargli credito. Sotto questo aspetto, la psicologia dell'imprenditore è ben diversa da quella del consumatore: un consumatore potrà anche lasciarsi convincere ad acquistare un prodotto perfettamente inutile, se gli si dà ad intendere che si tratta di un buon affare, ma l'imprenditore non investirà mai senza prospettive di guadagno, anche se il capitale monetario gli viene offerto a buon mercato. Detta in questi termini, sembra una verità intuitiva; eppure le nostre autorità monetarie, così come quelle di chi sa quanti altri paesi, tendono a riscoprirla faticosamente in occasione di o,gni depressione. Anche nel caso presente, dopo avere inutilmente sollecitato il sistema bancario a facilitare le operazioni di credito a vantaggio di irn·prese sul punto di intraprendere programmi produttivi, e dopo avere ottenuto dal Governo (nel gennaio di quest'anno) provvedime11ti particolari per il credito alle piccole industrie (istituzio,ne di un fondo di 100 miliardi presso l'IMI e stanziamento di un contributo di 3 miliardi a carico del bilancio dello Stato), l'Istituto di emissione ha dovuto riconoscere apertamente, per bocca del Governatore Carli, che gli imprenditori non rispondono alle sollecitazioni e cbe le autorità n1onetarie, mentre al culmine della fase di espansione avevano in pugno la situazione, ora se la vedono sfuggire· nuovamente dalle mani. Si presenta allora la seconda tendenza, quella che abbiamo chiamata, per brevità, la tesi della politica salariale. La denominazione è nostra, perché questa impostazione viene usualmente designata con i termini di « riequilibramento necessario fra costi e ricavi di im•presa ». Qui si richiede una più attenta valutazione. Se con l'ambigua espres,sione si intende fare cenno al fatto che negli ultimi due anni i profitti di impresa hanno subito una sensibile compressione, sia perché i salari sono rapidamente cresciuti, sia perché la domanda del mercato si è violentem.ente contratta, non si può che consentire; e ancora si deve concordare se si intende affermare che la ripresa produttiva potrà avvenire solo se l'espansione investirà anche i profitti aziendali: la nostra è un'economia di mercato e l'accumulazione del capitale non può avvenire s.e non in concomitanza con la formazione di profitti privati. I dubbi sorgono invece quando si passa a discutere la sostanza del problema, e ci si chiede in che modo questo « equilibrio fra costo e ricavi » possa essere restaurato. È un punto sul quale i sostenitori di questa impostazione sembrano sufficientemente concordi. Secondo costoro, la situazione dovrebbe essere affrontata su due piani. Da un lato si dovrebbe attuare una « politica dei redditi», volta ad indurre i sindacati ad una maggiore moderazione nelle richieste di aumenti salariali; dall'altro, si dovrebbe apportare una riduzione effettiva nel costo del lavoro attraverso la ormai famosa manovra di fiscalizzazione degli oneri sociali, che addosserebbe al bilancio dello Stato parte dei contributi corrisposti finora direttamente dalle imprese. Questa tesi è caldeggiata da più parti. « Mondo economico», in un 46 BibliotecaGino Bianco
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