Giornale a più voci In realtà, si deve riconoscere che questo tentativo di dissociare la politica monetaria del nostro governo dall'inizio della depressione non pare convincente, e gli argomenti che l'ISCO adduce per spiegare l'interruzione della fase di espansione non sembrano probanti. La lunghezza eccezionale della fase di espansione non giustifica di per sé la gravità della depressione; il rallentamento delle esportazioni non fu affatto dovuto al venir meno di un impulso autonomo, bensì all'accrescimento della domanda interna e in parte alla minore competitività delle nostre esportazioni in conseguenza dei forti aumenti salariali; quelli infine che l'ISCO denomina « fattori psicologici », e che noi, per esprimerci in buon italiano, chiameremo la nazionalizzazione dell'industria elettrica e l'introduzione dell'imposta cedolare di acconto, non ebbero alcun influsso sul ritmo degli investimenti, anche se provocarono una certa fuga di capitali e aggravarono la crisi della bilancia dei pagamenti, rendendo così più sollecito l'intervento restrittivo delle autorità monetarie. Con tutta franchezza, si deve riconoscere che, nonostante l'indiscussa competenza nell'elaborazione delle cifre, questo strano tentativo dell'ISCO di dissociare l'inizio della depressione dalla politica monetaria del nostro governo non pare perfettamente riuscito. Pieno consenso merita invece il quadro delle prospettive che il rappo,rto ISCO presenta. La situazione attuale è ancora sostenuta da un certo volume di investimenti di rinnovo, volti a ran1modernare gli impianti e ridurre i costi; ma le prospettive di espansione dovute a investimenti per espansione della produzione sono ancora incerte in tutti i settori. Gli investimenti previsti per il 1965 sono ancora inferiori a quelli del 1964 (che già hanno registrato un calo del 5-10% rispetto al 1963); e di questi, più del 60% è indirizzato ad ammo,dernamenti degli impianti. La crisi dunque non si risolve da sé, almeno a breve termine. Esistono strumenti di intervento atti ad accelerare la ripresa? Su questo tema si sta svolgendo la grande battaglia di politica economica di queste settimane; battaglia tanto più scottante, in quanto non si tratta, come accade per la programmazione, di effettuare dichiarazioni di principio, o di prendere posizioni a lunga scadenza ma di decidere provvedimenti ad attuazione immediata. Con diverso vigore e diverse finalità, tre diverse tendenze di politica economica si sono scontrate nel corso dei dibattiti; possiamo denominarle, tanto per intenderci, la tesi monetarista, la tesi salariale, la tesi degli investimenti. La prima, tesi monetarista pura, rappresenta un'applicazione un po' ingenua di un principio generale di reversibilità: come uria stretta monetaria si è dimostrata sufficiente a com•primere la domanda globale, così la manovra inversa, e cioè l'accrescimento della liquidità, dovrebbe essere sufficiente a stimolare la ripresa dell'attività produttiva. Tesi questa che, se può va11tare il sostegno di un'antica tradizione di teoria monetaria, non ha registrato, almeno nel nostro secolo, alcun successo concreto. Se l'imprenditore si vede razionati i mezzi finanziari, è ovvio che egli dovrà abbando45 Bibl.iotecaGino Bianco
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