Nord e Sud - anno XII - n. 63 - marzo 1965

Note della Redazione 1nenti va dato atto a una parte della stampa svizzera di avere reagito energicamente prima all'agitazione razzistica delle preoccupazioni di certi ambienti politici e sindacali e bottegai per l'«ù1forestiera1nento» della Confederazione e poi ai provvedimenti che sono stati presi per intercettare il ritorno stagionale degli immigrati e per provocare i-tna riduzione della manodopera straniera occupata nelle ùnprese svizzere. È vero, d'altra parte, che questi provvedimenti sono stati presi più per la preoccupazio11e di ridurre il « surriscaldamento » dell'economia elvetica che 11011p,er la preoccupazione dell' « inf orestieramento ». Ma ciò non toglie che qua1ito è avvenuto in febbraio alle frontiere di Chiasso e di Domodossola è indegno delle tradizioni di liberalismo che vanta la Svizzera ed offende i nostri sentimenti conie niai erano stati offesi prima d'ora da questo mitico paese di autonomie locali, di referendufn popolari, di civili convive11ze democratiche fra gruppi di origine etnica diversa. Lasciamo stare, tuttavia, le 11ostre reazioni sentimentali e domandiamoci, piuttosto, se non vi sia, all'origine dei provvedimenti svizzeri per contenere l'afflusso di manodopera immigrata, un grave errore di valutazione. È difficile rispondere: ma certo i rischi che la ridtlz.ione della ma1zodopera imniigrata comporta, rischi di seri contraccolpi nell' eco11omia svizzera e rischi di provocare vuoti non colmabili sul mercato co11federale delle forze di lavoro, 11-elsettore dei « colletti blu », è notevole. Non ci sono più lavoratori svizzeri che siano disposti a retrocedere nella gerarchia delle forze di lavoro, per accollarsi i mestieri che sono stati finora esercitati prevalentemente, e se1npre più prevalenten1ente, dagli « uomini di fatica » fatti venire dalla Sicilia e dalla Calabria, dai « nidi umani » dell'Abruzzo e dalle « città contadùie » delle Puglie. E forse vi saranno pure degli imprenditori svizzeri che, non potendo fare affluire alle loro fabbriche « uomini di fatica », qualificabili se non qualificati, « cafoni » del più profon,do SiLd italiano_. nianovali e niuratori delle regioni della periferia mediterranea dell'E·uropa, prenderanno in esa,ne la pos- . sibilità di creare 11-uovefabbriche in queste regioni. Del che noi, naturalmente, ci rallegreremnio; e, anzi, vorremmo che fin da ora certi istituti della politica meridionalistica (Cassa, IASM, società fina1iziarie, ecc.) si mettessero in moto per sollecitare e prospettare quelle occasioni di investùnen.to che potrebbero eventualn1ente interessare gli imprenditori svizzeri all'industrializzazione del nostro Mezzogiorno. Se i sindacati svizzeri si sono dati da fare per contenere nei vari cantoni della Confederazione l'afflusso di 1nanodopera italiana, i sindacati italiani non si opporranno, vogliamo ritenere, ove si manifestasse la possibilità concreta di un afflusso di capitali svizzeri per creare posti di lavoro 11,elnostro Mezzogiorno. 43 Bib-liotecaGino Bianco

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