Nord e Sud - anno XII - n. 63 - marzo 1965

I n1afiosi alle urne Le testimonianze su cui ci siamo soffermati si limitano a denunciare le collusioni tra mafia e DC in una precisa zona della Sicilia occidentale. Tuttavia, la loro importanza è grandissima - e la loro verosimiglianza notevole - perché, nonostante la limitatezza del territorio cui si riferiscono, da esse potrebbe derivare una svolta decisiva nella denunzia dell'attività mafiosa se ed in quanto dovessero risultare delle prove circostanziate che confermino le supposizioni tante volte avanzate dalla stampa e dagli studiosi. Oggi, cioè, per la prima volta, si può addebitare ad un parlamentare democristiano di essersi servito dell'appoggio mafioso e, in conseguenza, si può basare su cognizioni di causa il sospetto che una avanzata elettorale della DC sia sintomo sufficientemente certo delle rinnovate garanzie di impunità offerte ai mafiosi in cambio delle loro pressioni sull'elettorato. 5. Ma quale resistenza, nei confronti dell'invadenza della mafia, riescono ad opporre le sinistre? Da parte di molti « continentali », grazie forse alla romantica mitizzazione di Salvatore Carnevale e alle pu11tigliose informazioni dell' « Unità », si è giunti a credere che l'organizzazione comunista in Sicilia opponga alla DC un blocco impermeabile all'infiltrazione mafiosa, e costituzionalmente monolitico nel condurre la lotta contro la criminalità. È sintomatico in proposito quanto ci questo è tutto. Ed è su questo episodio che il Dolci nella sua ripugnante secrezione di malvagità e nel suo raptus criminoso ha creato il grottesco e fantastico castello delle sue invenzioni di cui le lettere ora prodotte sono la più gaglioffa appendice caudale. D'altra parte, nella sua demenza paranoide, il Dolci non si rende conto che - dalle letterine che con tattica ha raccolto e che ha inserito nell'osceno mosaico delle sue calunnie, emerge, per la stessa presenza di coloro che le hanno firmate, che i miei convegni pre-elettorali erano tenuti non a mafiosi, ma a gruppi di cittadini di ogni ceto, senza distinzione di colore politico, tanto che comprendevano anche membri del partito comunista o comunistofili! Servendosi di un lurido arnese della risma di Danilo Dolci, il partito comunista dà segni di decadimento: così come sintomo di rovinoso declino della sua dirigenza è il tentativo evidente, goffo e continuo, di trasformare la Commissione parlamentare di inchiesta sulla mafia in un organo di propaganda politica nel disegno palese di diffamare la Democrazia Cristiana in Sicilia. Mentre lascio alla criminologia ed alla entomologia la definizione scientifica del « caso» di codesto sciagurato, confermo ciò che su Danilo Dolci affermai nella mia dichiarazione del 14 novembre 1963. Ed aggiungo come sia disgustoso vedere tornare continuamente alla ribalta questo mostruoso pagliaccio che la risacca del dopo-. guerra ha sospinto nella mia Sicilia - che egli ha diffamato ·e diffama, particolarmente all'estero, come terra di banditi e di miserabili - mentre, per i suoi sudici fini, questua con gesto accattone, l'ausilio dello straniero, che estorce alla buona fede di filantropi ingenui, ignari del suo spregevole mendacio e sensibili allo spettacolo di squallore che egli, della mia Isola, con calcolo immondo, sciorina: senza dire quanto viva sia la protesta di ogni strato della popolazione contro il vomito purulento delle contumelie del Dolci, di questo abbietto magnaccia delle miserie siciliane, che va additato al disprezzo della Nazione. F.to: Gerolamo Messeri, Senatore della Repubblica». 17 BibliotecaGino Bianco

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