Domenico De Masi e dal coraggio cui le rispettive segreterie nazionali e regionali avrebbero fatto appello per affro,ntare la realtà, aprendo la via ad una severa _ autocritica e ad un rigido, autocontrollo. L'operazione di risanamento morale sarebbe costata la perdita di molte migliaia di voti, e avrebbe probabilmente permesso· l'accertamento di tutte quelle velate accuse che corrono intorno ai maggiori no,mi del « notabilato » democristiano in Sicilia; avrebbe, però, fruttato una più larga fiducia da parte delle po,polazio11i e so•prattutto avrebbe fornito quella prova di o,nestà che ogni elettore dovrebbe poter pretendere da u11 partito che si proclama alfiere di virtù cristiane. Non è difficile immaginare a chi sia stata devoluta la respo·nsabilità di decidere il comportamento della DC nei confronti di questa prova cruciale: la Sicilia è grande quanto la Svizzera, e il peso del suo• elettorato può essere determinante per le sorti di un partito. È perciò indubbio che sia stato il vertice nazionale a valutare i pro e i contro di un eventuale abbandono dell'appoggio mafioso, sopp·esando le diverse p,ressioni degli esponenti politici locali e decidendo le sorti della Commissione in conformità agli interessi dei parlamentari siciliani. Se la DC avesse avuto il co1 raggio di affrontare il problema mafioso, ne avrebbe pagato• subito il prezzo con l'immediata perdita di tutti i voti che la mafia era stata capace di raccogliere nelle precedenti elezio,ni. La competizione elettorale dell'autunno scorso era perciò destinata a trasformarsi in cartina al tornasole, che avrebbe automaticamente rivelato gli eventuali mutamenti intervenuti nella complessa alchimia della vita politica siciliana. Una sola cosa - ripeto - pareva certa: se la Democrazia Cristiana avesse deciso di non intralciare il compito della Commissione antimafia per soccorrere i suoi grandi elettori della Sicilia occidentale, in tale zona i suoi voti avrebbero avuto un calo più che proporzionale rispetto all'insuccesso prima previsto, e poi effettivamente verificatosi, in tutte le altre regioni d'Italia. Quando furono finalmente noti i risultati definitivi delle elezioni del 22 novembre, purtroppo tutti coloro che attendevano da essi la conferma di una onesta e risoluta presa di posizione antimafia da parte della DC, dovettero co1 nstatare quella che « L'Opera » chiamò « l'eccezione siciliana »: soprattutto a Palermo, dove le implicazioni tra vita politica e attività mafiose hanno raggiunto recentemente la maggiore frequenza e profondita, il risultato è stato allarmante ed ha determinato un imprevisto balzo in avanti del partito di maggioranza relativa. La DC alle elezioni regionali del 1963 aveva ottenuto 104.883 vo·ti, pari al 38,06%; alle elezioni politiche dello stesso anno aveva ottenuto 106.071 voti, pari al 35.94%; alle elezioni amministrative del 1960 aveva 12 BibliotecaGino Bianco
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