I niafiosi alle urne Vittorio Di Summa scrisse su « Politica », il quindicinale fiorentino dei democristiani della « Base », diretto allora dal compia11to Pistelli: « ... Un altro consiglio (alla Commissione) è quello di ascoltare immediatamente personalità politiche che per la loro grande esperienza attuale o trascorsa debbono poter fornire molte notizie in merito alla mafia e ai suoi caporioni. Queste personalità sono: Scelba, Mattarella, Volpe, La Loggia, Verzotto, De Leo, Bonfiglio, Gullotti, Rubino, Restivo, Alessi, Aldisio, Lima e molte altre. Ad esse si chieda di far nomi e le loro risposte vengano pubblicate e diffuse ovunque, con ogni mezzo. I funzionari dei partiti e degli organismi regionali debbono a loro volta essere pelati vivi dalla commissione d'inchiesta ... Siano i democristiani a guidare audacemente il lavoro della commissione. In essa siedono· deputati socialisti e comunisti, preparatissimi e agguerriti, come Li Causi e Gatto. Inevitabilmente, quando si dovranno discutere i rapporti tra mafia e politica, le sinistre cercl1eranno di imbastire una violenta e propagandistica polemica contro la Democrazia Cristiana. I parlamentari cattolici non si impuntino a voler negare verità lampanti circa le frequenti collusioni tra DC e mafia in Sicilia, o meglio fra talune ' cosche ' d'alto bordo e talune personalità democristiane. i\ccettino la sfida, acco11sentano a spettrografare il partito e impediscano ai comunisti una troppo facile speculazione ». Ci fu, quindi, all'interno della Democrazia Cristiana, un filone di idee giuste che, se attuate, avrebbero finalmente scisso per la prima volta le responsabilità del partito dal tornaconto di alcuni suoi rappresentanti, corrotti e violenti. Oggi, a quasi due anni di distanza, non si può dire che quelle idee abbiano fatto breccia, non si può riconoscere che le « verità lampanti circa le frequenti collusioni tra DC e mafia » siano venute a galla, né si può dire che i comunisti sia110 stati posti nella impossibilità oggettiva di speculare sulla Commissione antimafia. Nell'autunno del 1963, l'opi11ione pubblica, circa i fatti della Sicilia occidentale, era scissa: tra i molti pessimisti, da un lato, che scorgevano nella situazione un ennesimo periodo magro dell'attività mafiosa, dopo di che i delitti e le prepotenze sarebbero rifioriti con rinverdito vigore; ed i moltissimi ottimisti, dell'alto lato, che vedevano nell'Antimafia uno strumento finalmente capace di dare il colpo di grazia ad un fenom~no già indebolito da alcune matrici socio-economiche, ch·e il progresso generale del paese aveva inserito nella vita della Sicilia, determinando notevoli e significative spaccature in seno a~la struttura comunitaria delle popolazioni isolane. Comunque, sia gli uni che gli altri facevano dipendere il successo della Commissione antimafia dall'atteggiamento dei partiti al governo, 11 BjbliotecaGino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==