Nord e Sud - anno XII - n. 63 - marzo 1965

Ernesto Mazzetti a questo momento la si è insegnata (si veda, ir1:proposito, l'efficace articolo - « Nord e Sud», numero 117, agosto '64 - di Calogero Muscarà contro la ventilata soppressione della geografia nelle facoltà di economia e commercio) .. Questi accenni introduttivi vogliono, sia pur approssimativamente, dare la misura della carica polemica ch'è nel libro di Lucio Gambi, e definire il contenuto di tale polemica. Polemica, per la verità, non nuova - ché già in passato voci preoccupate si erano levate contro i fautori di una geografia « integrale», che, cioè, ambisce a far cadere entro i suoi confini, come scrive Gambi, « qualunque argomento del conoscibile che ha relazione con la Terra e qualunque manifestazione della operosità e delle strutture umane di cui sia cartografabile in frequenza o in qualità la distribuzione sulla Terra» (p. 59). Ma i temi della polemica Gambi li riassume con rara precisione ed efficacia, spaziando con grande padronanza su di una bibliografia vastissima. E quel che più importa, se le prime voci preoccupate ebbero scarsa risonanza, - come ben dimostrano gli indirizzi che hanno sinora prevalso nel settore degli studi geografici italiani rendendolo, secondo afferma l'Autore, una ~< regione depressa» - la voce che il Gambi leva contro la tesi di una geografia « integrale», culmine della piramide delle scienze, pervasa da miti di grandezza da reputarsi ascientifici {p. 70), è, senza dubbio, una voce destinata ad avere echi di gran lun.ga più duraturi e penetranti. E ciò anzitutto per la cultura, per così dire, interdisciplinare dell'Autore (si avverte i11 particolare la dimestichezza del Gambi con le opere dei grandi storici, da Croce a Chabod, come di Febvre e di Brande!; e il fatto che la sua geografia risenta dell'influenza de La terre et l'evolution de l'humanité non può certo essere considerato motivo di deviazione dalla geografia rettamente intesa, come a qualcuno è sembrato, ma motivo di riconoscimento della modernità di una geografia liberata dai residui positivistici). Di qui la possibilità di una schiarita anche sulla « regione depressa » della geografia accademica, specie allorché dell'esigenza di ammodernamento si faccia tramite una leva di studiosi giovani, aggiornati e, nella giusta misura, agguerriti nello sfron-dare i rami secchi della d~sciplina. Le Questioni di geografia del Gambi sono, quindi, per più versi, un invito ad un esame di· coscienza rivolto ai geografi, a coloro che in Italia fanno professione di geografi: esame che, in base all'aspirazione del Gambi e alle sue nutrite argomentazioni, dovrebbe liberare finalmente la cultura geografica dal peso delle sue ascendenze ottocentesche e specialmente tedesche, e darle una più precisa consapevolezza dei suoi limiti, delle sue branche di specializzazione e dei suoi fini. È da notare che, per quanto nato dalla riunione in volume di saggi diversi, scritti tra il '56 e il '63, il discorso del Gambi risulta assai organico e coerente, animato com'è dal prinçipio di base che « una scienza vive veramente, è operosa, florida, quando vive assiduamente nel mondo della cultura che gli sta intorno, vi ha parte e lo anima, e logicamente ne ritrae pure impulsi: quando, cioè, intona il suo spirito allo spirito della cultura del suo 118 Biblioteca Gino Bianco

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