La polpa e l'osso dell'agricoltura salernitana questi ultimi erano nel 1951 circa 60 1nila, e rappresentavano il 50% di tutti gli addetti, si vede che, considerato dal punto di vista degli uomini validi, l'esodo ha già varcato la soglia del dimezzamento delle forze di lavoro. La prima cosa che vien da pensare, all'apprendimento di questi dati, è che l'esodo, per le sue stesse dimensioni, debba trovare, per così dire, in sé stesso i propri limiti e rimedi. Questo sarebbe vero se potessimo rappresentarci l'agricoltura come una torta bella e preparata: diminuendo il numero dei co11correnti, le fette da piccole potrebbero diventar grandi, tali, cioè, da soddisfare coloro che restano e da toglier loro i motivi dell'esodo. Purtroppo le cose non stanno in questi termini. L'esodo comporta abbandono di attività e di terre; ma ciò non significa che quelle terre ed attività passino ad altri, per riorganizzarsi in unità produttive di maggiore efficienza. Coloro che partono, infatti, lasciano sul luogo parte dei nuclei familiari. Ot1esti cercano di tirare avanti le vecchie imprese agricole e spesso ci riescono, ma a livelli produttivi sempre più bassi. Il trasferimento del possesso e dell'uso delle terre, quanch'anche avviene, resta incompleto, frammentario, o incapace di vincere infinite resistenze ed ostacoli. L'esperienza di ogni zona nel mondo, che abbia sperimentato l'esodo in tali condizioni, d.imostra che gli aggiustamenti spontanei sono lenti e tardivi; e sempre insufficienti a contrastare l'esodo stesso, cl1e va ben presto oltre il limite fisiologico e a un certo momento crea un vuoto, nel quale qualsiasi iniziativa incontra maggiori, non minori, difficoltà a costruire qualcosa di nuovo e di vitale. La battura d'arresto di oggi, per effetto dell'avversa congiuntura, non può trarre i11 inganno: l'esodo riprenderà ben presto più forte di prima. Il successo di qualcl1e impresa o di qualche piccolo settore non può trarre in inganno : se non si interviene organicamente, è la decadenza che prenderà il sopravvento in queste zone, non il riordinamento produttivo e civile a più alti livelli. So che le parole « piano » e « programmazione » non trovano gene ... ralmente buona accoglienza tra i « rotariani »; e, n1algrado che non li condivida, ne comprendo almeno i motivi. Sono certo, tuttavia, che - se avessimo modo di ragionarne - questi motivi, in larga misura validi per gli ambienti e i settori economici nei q11ali !''iniziativa privata è robusta ed efficace, cadrebbero con riferimento alle situazioni delle quali abbiamo ragionato. Per queste situazioni, un piano e un intervento programmato di lungo termine è indispensabile, allo stesso modo che è indispensabile un largo intervento dei poteri pubblici, secondo programmi organici e in forme in gran parte nuove rispetto a q1-:1elletradizionali. Non è 101 Bib'liotecaGino Bianco
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