Nord e Sud - anno XII - n. 62 - febbraio 1965

Editoriale rata fiscale ». Si pretende, cioè, che, per meritare la « fiducia » della Confindustria, i partiti della maggioranza mettano da parte ogni proposito di riforma e si adeguino ai buoni consigli, se non addirittura agli ordini, che gli industriali ritengono di essere in grado di dare; e si pretende che, se i Moro ed i Nenni non sono disposti a tanto, lascino il posto ai Pella e ai Malagodi. Naturalmente, a ripetere i ritornelli della canzone sulla « fiducia », ci sono poi « autorevoli » prof essori di materie economiche ed « esperti » giornalisti di varia competenza; e costoro non si domandano se è dignitoso servire in questo modo quella causa degli studi indipendenti e quell'ideale della libertà di sta1npa cui rispettivamente docenti e giornalisti che si rispettano dovrebbero essere particolarmJ?,nte sensibili. Diciamo pure cJze il discorso della « fiducia », quale viene formulato dagli ambienti della Confindustria e dai portavoce di questi ambienti, noi lo respingiamo; e giustamente, tenipestivamente, appropriatamente, «l'Espresso» ha denunciato sulla sua prima pagina la tendenziosità delle tesi - « storiche » - avanzate dal presidente della Confindustria nel corso di una intervista alla TV e non confutate, come potevano e dovevano essere confutate, dai giornalisti che quella sera del 25 gennaio erano stati convocati per intervistare il dottor Furio Cicogna (ai giornalisti si assegna, in queste occasioni, un ruolo di con1primari, una funzione « di spalla », cui essi non dovrebbero rassegnarsi e che, anzi, costituisce un tipo di prestazione che un giornalista libero e serio dovrebbe sempre rifiutarsi di fornire). Può darsi che veramente gli industriali non abbiano «fiducia» nei politici; del resto, non c'è da stupirsene se si pensa che sempre si è lasciato scrivere sui grandi giornali italiani, ai tempi di Giolitti come ora, ai tempi del centro-sinistra, e anche ai tempi di Vanoni, che i politici non meritano la « fiducia » degli industriali. Ma perché i politici dovrebbero aver « fiducia » negli industriali? Diciamolo chiaro e tondo: allo stato attuale delle cose, e dopo aver visto e sentito le cose che abbiamo visto e sentito, durante il << miracolo » e dopo il « miracolo », noi non abbiamo « fiducia » negli industriali italiani, a meno che non si tratti di quella minoranza che rispetto alla linea politica della Confindustria è stata sempre, e ora più che mai, fortemente critica. Il discorso della « fiducia » si può riprendere, quindi, e naturalmente su nuove basi, solo dopo che risulterà cambiata sostanzialmente la linea politica della Confindustria. Non mancano certo al governo, e ai partiti della maggioranza, i mezzi per far intendere questo « latino » e agli industriali stessi e in generale all'opinione pubblica. 5 BibliotecaGino Bianco

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