Giornale a più voci un contadino, un bracciante agricolo, un piccolo coltivatore diretto, un artigiano del piccolo centro meridionale). Vi giunge un uomo che porta in sé un'esperienza profonda e particolare del lavoro legato alla tradizione. A Torino il problema degli immigrati si traduce nell'esasperazione dell'uomo meridionale giunto in una nuova civiltà, il suo ritorno violento nel vecchio mondo del sospetto; a Milano c'è da descrivere la trasformazione dell'emigrato meridionale in una società industriale: il distacco sempre più profondo da una tradizione. Che cosa è il lavoro, in un piccolo centro del mezzogiorno? Sia il contadino cl1e l'artigiano (ben altro è il caso del laureato, del professionista, di chi, appena munito di un diploma o, semplicemente di una primaria istruzione scolastica, ambisce al sacramentale posto), nell'angusto paese del sud, vivevano la paradossale pigrizia legata ad una civiltà del lavoro. Qui il lavoro era concepito come il sudore biblico di una condanna, di un peccato. Era una condizione eterna del vivere e non del progredire. Un lavoro immutabile, senza promesse e senza riscatti, senza conquiste materiali. Solo con il fenomeno dell'emigrazione in molti paesi del Nord-America, ha luogo quella che io non esiterei a chiamare una scoperta fondamentale per migliaia di uomini meridionali: per la prima volta il lavoro diventa capacità e possibilità di costruire. L'emigrante che ritornava nel piccolo paese, dopo anni di lavoro nella terra dei grattacieli, vi portava un risparmio che si trasformava in una casa, in un ettaro di terreno. Accanto a questa concezione del lavoro senza proprietà, c'era il lavo,ro senza tempo: nel piccolo centro il lavoro, specie quello contadino e artigianale, non era difeso da orari prestabiliti né accompagnato da una contabilità delle ore prestate. Il lavoro era pazienza, fatto su misura dell'uo,mo e della natura; aveva quel ritmo che gli imponevano il clima, la stagione e il proprietario terriero. Nel mondo del dinamismo e delle tecniche della produzione, appare semplicemente come una colpa irreparabile. Se mi si permette un'affermazione audace, dirò che la pigrizia meridionale è il risultato di queste due concezioni del lavoro, più eh.e un'insidia intima del carattere o la tentazione del clima. È una pigrizia storica. Strappatelo a questa esperienza di lavoro, e voi troverete, incontrerete un uomo diverso, irriconoscibile. A Milano, l'emigrato subisce due nuove sensazioni: la scoperta inattesa di un lavoro legato ad una gerarchia di conquiste e il disagio iniziale di fronte ad un lavoro difeso da una gerarchia di orari. Le due nuove sensazioni si traducono in due stati d'animo: un entusiasmo quasi commovente e una difficoltà fondamentale. L'antico « pigro» (la parola è stata ormai liberata, ·svincolata da un· ostinato equivoco che la co,ndizionava) scopre per la prima volta il lavoro come distinzione, potere, passione, orgoglio e perfino vanità, in una città che professa il culto, la religione del rendimento. Non ha che due scelte: o entrare in questa società senza alcuna esitazione, con la violenza e l'entusiasmo di chi vi scopre nuove sensazioni, soprattutto nuove speranze, ed è la maggioranza a fare questa scelta; oppure vi resterà ai margini per sem63 BibliotecaGino Bianco
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