Nord e Sud - anno XII - n. 62 - febbraio 1965

• Note della Redazione sione, indipendentemente dalla conclusione 1nateriale della loro vicenda biografica. Egli era passato alla storia già dal 1945;· sei anni di leadership dell'opposizione di Sua Maestà e quattro anni di ritorno alla testa del governo non aggiunsero, dopo di allora, alcunché alla sua gloria, ed era d'altronde assai difficile. La sua gloria. I suoi concittadini sembrarono contestargliela quando, a guerra appena conclus,a, gli negarono, tra la generale sorpresa, la maggioranza che gli avrebbe potuto consentire di vincere per il suo paese la pace così come aveva vinto la guerra. È impossibile ancor oggi valutare i motivi e le conseguenze di quella stupefacente risposta del corpo elettorale inglese. Non sono molti i casi di grandi carriere politiche interrotte in eguale maniera all'apice del successo e malgrado il successo. E anche se la posizione inglese nel mondo dopo il 1945 non si prestava a grandi possibilità, sarebbe semplicistico sottovalutare il peso che una personalità come quella di Churchill avrebbe potuto avere sul corso degli avveninienti. Non è questo il luogo per discitterP di ciò che nella storia è dovuto all'individuo e di ciò che va invece attribuito alle masse, alla struttura etc. Ma tutta la biografia di Churchill è una testimonianza preziosa e di valore veramente eterno del ruolo che la personalità e la volontà possono svolgere nella storia degli uomini, quando si sappiano sincronizzare con i grandi momenti di essa. « Demoniaca energia » e « patriarcale grandezza» ha felicemente attribuito a Churchill il « Times ». Non ci pare, però, che sia particolarmente valido e convincente l'elogio di coloro che nella biografia di Churchill vedono soprattutto un irripetibile, originalissirrio paradigma romantico. Non che questo aspetto, nell'irrequieto rampollo di una grande famiglia inglese e di una meno illustre famiglia americana, non ci sia stato. Ma la grande lezione offerta dal leader scomparso era ed è soprattutto, a nostro avviso, nel bisogno, che egli avvertì sempre, di porre quella «energia» e quella «grandezza» al servizio della democrazia, concepita non astrattamente, ma nella concretezza delle sue istituzioni, delle sue forme e delle sue norme. È questo aspetto, soprattutto, della sua biografia a distinguere in ultima analisi la lunga vicenda e l'esperienza churchilliana da ciò che sinteticamente, ma troppo semplicemente si può definire romantico, e a farne la vicenda e l'esperienza di un classico. Fu questa la vera, profonda ragione del suo conservatorismo? Può darsi, anzi è estremamente probabile: la lezione civile e morale della sua lunga vita non per questo perde alcunché e rimane maggiore della sua gloria, per dir meglio, è la sua vera gloria. Il resto (le sue idee sull'impero inglese, la visione dei problemi di una società moderna, lo spirito d'avventura, la volontà indomabile, l'eloquenza terribile, la versatilità, la passione politica, le non comuni dot~ di storico e di scrittore) è tutto destinato a rimanere un gradino più giù. 48 BibliotecaGino Bianco

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