Nord e Sud - anno XII - n. 62 - febbraio 1965

Vincitori e vinti permanentemente la vita del paese: esprimere non una guida occasionale e determinata da peso quantitativo, non una riforma isolata e casuaJe, ma una concezione ideale capace di cogliere il senso di tutte le trasformazioni e di tutte le riforme, e perciò una forza politica di valore permanente. Certo questa linea è stata battuta, sul piano delle forze politiche, fin dal rapido declino e dalla scomparsa del Partito d'Azione, non a caso contemporanea all'avvento di De Gasperi; e sul piano numerico non è ancora riuscita a riaversi dalla sconfitta che subì venti anni or sono. Ma il peso politico permanente che le forze democratico-laiche hanno esercitato in questi vent'anni, straordinariamente al di là della loro consistenza numerica, prova che l'intuizione centrale di La Malfa era esatta. Esso prova anche, se si vuol fare un caso personale, che La Malfa è stato molto di più di un riformatore economico cui si debbono alcune svolte economiche salienti (basta confrontare per questo la raccolta dei suoi scritti economici) perché al contrario è stato ed è un uomo di Stato liberale praticamente insostituibile nel ruolo di portatore di una concezione democratica della vita collettiva, e di propulsore di una azione a lungo raggio che passa attraverso momenti « economici », ma molto più spesso passa attraverso momenti « politici ». L'ultimo di questi grandi avvenimenti politici è appunto la battaglia per la Presidenza della Repubblica, e, in questa, quella concezione ha palesato ancora una volta la sua validità, non soltanto perché ha vinto, ma perché ha dimostrato che il ricambio alla DC, tra le molte linee della sinistra, poteva aver luogo solo sulla linea laica. La Malfa è stato il più coerente, più fern10, più ingegnoso sostenitore di Saragat; e il loro grande abbraccio al Quirinale ha costituito anche per l'opinione pubblica meno qualificata il significato di un pubblico riconoscimento: ma dietro tutto questo non c'era quella specie di cocciutaggine sorda e un po' irragio-nevole che « l'Espresso », del resto amichevolmente, ha dipinto nella sua cronaca; c'era tutta una vita politica; un'esigenza di successo, ma anche un pensiero democratico. L'idea, cioè, che solo facendo valere una linea più impegnativa di quella del socialismo, inteso in senso tradizionale, si poteva vincere la battaglia, perché anche i cattolici possono essere condizionati da una posizio-ne tan~o aperta, da una leadersl1ip di tale respiro ideale, così come ne sono stati guidati in passato, in alcune grandi occasioni. E, davvero, che senso ha parlare, com.e fa Segre sull' « Astrolabio », della dimensione « socialdemocratica » della nostra vita politica aperta o sviluppata dal centro-sinistra? ( « Socialdemocratica», ben s'intende, non nel senso di un partito, ma di una cornice storico-ideologica). O 43 . Bibli'oteca Gino Bianco

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