... Vincitori e vinti Certo qui gli odi personali e le gelosie dei gruppi di potere hanno avuto una parte ben importante. E una parte importante, nel determinare il rifiuto di Fanfani da parte della DC e l'appoggio a Saragat, hanno giocato la capacità politica, la fermezza, la tempestività e la forza di convinzione di La Malfa e dello stesso Saragat. Ma non si può far risalire tutto a pura abilità e capacità, a fattori personali, timori ed avversioni che in politica sono sempre superabili, se la politica esige di superarli. La verità è che a questo punto contro Fanfani ha giuocato in modo determinante anche la concezione politica di Moro. Moro la presentava abilmente, sotto la veste dell'esigenza di tenere in piedi e rafforzare ciò a cui la DC, in quella specie di sfacelo, doveva almeno restare aggrappata, cioè il centro-sinistra. Era chiaro che, se alla divisione del partito, alla paralisi del Parlamento, all'insorgere del sentimento qualunquistico nell'opinione pubblica e alla minaccia del fronte popolare, già in corso nell'elezione, si fosse aggiunta anche la crisi del Governo e un'ulteriore tensione politica, la DC sarebbe uscita completamente squalificata, anche ammesso che fosse uscita ancora unita, dalla vicenda di cui era principalmente responsabile. Il voto a Saragat era in questo senso l'unico modo corretto e ancora accettabile di uscire dall'impasse provocato dall'impostazione dorotea (e che non sarebbe stato superato da una conclusione dell'elezione sulla stessa chiave dorotea prospettata da Fanfani a suo beneficio, che aveva l'aggravante, non solo per Moro, ma anche per Rumor, di una grave crisi del centro-sinistra). . È facile tuttavia riallacciare questo ragionamento - tanto ineccepibile che risultò convincente - alla concezione generale che Moro ha del rapporto tra forze cattoliche e forze laiche e che è il fondamento, in definitiva, della sua statura di leader del partito cattolico, di unico vero leader politico della DC. È quella di Moro, come è abbastanza noto per non dovercisi fermare a lungo, una concezione di ampio respiro ed essenzialmente politica, che vede il rapporto della DC co,n gli altri partiti non come il rapporto tra una forza cattolica ed altre forze non cattoliche, ma come un rapporto da partito politico a partito politico. L'unità dei cattolici è bensì essenziale, nella sua visione, al. mantenimento della DC in posizione di partito di maggioranza e quindi di influenza e di garanzia del corso democratico italiano; ma egli ha mostrato più volte la convinzione che il p_ericolo fondamentale viene alla DC dal suo egoismo, e che alla sete di egemonia occorre preferire la collaborazione attiva, conquistata, su un piano di parità, con le altre forze democratiche; la quale collaborazione presuppone, sì, una 33 Bibl-ioteca Gino Bianco
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